Una notte, Clelia Marchi, una
contadina di Poggio Rusco in provincia di Mantova, si sveglia col
desiderio di scrivere ma non trova un pezzo di carta in tutta la
casa. Di colpo la memoria le restituisce il volto della sua maestra
elementare.“ La maestra Martini Angiolina
raccontava che gli Etruschi avvolgevano le mummie nelle lenzuola “.
Apre l’armadio e prende un lenzuolo bianco del corredo, di una dote
che non serve più. Lo poggia su un cuscino e adagia il cuscino sulle
ginocchia. Incolla sulla sinistra la foto del marito morto, sulla
destra la sua e al centro il sacro cuore di Gesù. Di getto,
incomincia a scrivere la storia della sua vita, solo verità e "
Gnanca na busia ".
“
Care persone fatene tesoro di questo lenzuolo
che
c’è un pò della vita mia; è mio marito;
Clelia
Marchi (72) anni hà scritto
la
storia della gente della sua terra,
riempendo
un lenzuolo di scritte,
dai
lavori agricoli, agli affetti ”.
Riga
per riga Clelia racconta il lavoro nei campi e il grande amore per il
suo Anteo: “Le lenzuola non
le posso più consumare col marito e allora ho pensato di adoperarle
per scrivere”. Le
righe del lenzuolo sono numerate una ad una, per non perdere il filo
leggendo.
La contadina racconta di una vita aspra, fatta di fatica, povertà. Ma anche di dignità e
amore. Quando il marito muore ha sessant’anni, i figli sono grandi
e nei campi non ci va più. Il tempo è lungo, vuoto. Clelia continua
a scrivere, ogni notte, sul lenzuolo.
Gran
parte del diario è ambientato nel paese dove è nata e ha sempre
vissuto: la campagna padana, le fatiche della mietitura e del lavoro
nei campi, il primo incontro con il marito quando lei aveva ancora
quattordici anni. La figura del marito torna sempre, in ogni lunga
riga del lenzuolo.
Poi
un giorno d’inverno del 1986 arriva a Pieve Santo Stefano, all'Archivio dei Diari, col suo lenzuolo sotto il braccio. Era
venuta in treno fino ad Arezzo. Era scesa dalla corriera, con l’aria
compunta e festosa delle donne già avanti negli anni, che hanno
trascorso una vita intiera senza mai uscire dal loro comune di
nascita.
Clelia
consegna il suo diario all'Archivio e subito questa opera
straordinaria diventa il simbolo stesso dell’Archivio dei Diari.
Oggi
al Lenzuolo ( sì, scritto maiuscolo ) è dedicata una stanza nel
Palazzo Pretorio a Pieve Santo Stefano ,dove è possibile navigare le
righe scritte da Clelia con la tecnologia touchscreen.
L'Archivio
dei Diari
Dal
1984 Pieve Santo Stefano,
quasi
al confine tra Toscana, Umbria e Romagna, è chiamata : "Città
del Diario".
La cittadina ospita infatti nella sede del municipio un archivio
pubblico,
ideato e fondato da Saverio Tutino, che raccoglie scritti di gente
comune in cui si riflette, in varie forme, la vita di tutti e la
storia d’Italia: sono diari, epistolari, memorie autobiografiche.
Ogni anno viene organizzato un concorso ed il miglior diario vince.
C'è anche una rivista semestrale alla quale ci si può abbonare e che raccoglie le informazioni, i riassunti , le citazioni dei migliori diari.
E' sempre commovente leggere le vicende di persone dalle esperienze più varie e incredibili.
...tra le centinaia di diari inviati all'Archivio c'è anche quello di mio padre, che racconta di un giovane di 19 anni che si trovò, come tanti della sua età allora, a passare gli anni più belli della sua giovinezza come soldato durante la Seconda Guerra Mondiale...
Ogni anno viene organizzato un concorso ed il miglior diario vince.
C'è anche una rivista semestrale alla quale ci si può abbonare e che raccoglie le informazioni, i riassunti , le citazioni dei migliori diari.
E' sempre commovente leggere le vicende di persone dalle esperienze più varie e incredibili.
...tra le centinaia di diari inviati all'Archivio c'è anche quello di mio padre, che racconta di un giovane di 19 anni che si trovò, come tanti della sua età allora, a passare gli anni più belli della sua giovinezza come soldato durante la Seconda Guerra Mondiale...
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