domenica 25 gennaio 2015

Là fuori è una jungla

Il mondo in cui vi accingete a entrare ed esistere non ha una buona reputazione. 
Si è comportato meglio sotto il profilo geografico che sotto quello storico; è ancora molto più attraente per il suo aspetto che non per la sua società. 
Non è un bel posto, come presto scoprirete, e dubito alquanto che sarà migliorato quando lo lascerete. 
E tuttavia, è l’unico mondo disponibile: non esiste alternativa, e se esistesse non c’è garanzia che sarebbe migliore.
Là fuori è una giungla, o anche un deserto, una china scivolosa, una palude.
Letteralmente e, ciò che è persino peggio, metaforicamente. 
Eppure, come ha detto Robert Frost:

 “ Il modo migliore per venirne fuori è sempre buttarsi dentro ”.




TRACCIA

Qui
proprio ora
proprio qui
e da nessun'altra parte
una piccola traccia
un'orma minuscola

Un negativo appannato
da comprendere
una piccola briciola da seguire
per cercare di uscire dalla foresta

- Luciana Figini -









martedì 13 gennaio 2015

Un'Aliena all'isola di Ponza


La prima volta che arrivai all'isola di Ponza era il 1977, cioè una vita fa.
Con Sandro stavamo già insieme da un anno, ma l'impatto con la sua cultura d'origine per me fu abbastanza traumatico.
A Milano lui si comportava esattamente come noi e quando si andava in vacanza assieme con il gruppo di amici anche lui dava una mano, come tutti,  a preparare da mangiare e a lavare i piatti.
Le cose cambiarono quando arrivammo a Ponza.
Mia suocera all'epoca era una vigorosa donna di mezza età con tutte le sue certezze ben stampate in testa, io ero una vigorosa femminista con tutte le mie certezze altrettanto ben stampate in testa.
Potete immaginarvi lo scontro, soprattutto quando vide il figlio lavare i piatti!
Ricordo con molto affetto le parole che Nannina diceva al figlio a bassa voce per non farsi sentire da me “ Tu sì scemo! Solo i femmine lavano i piatti!
Per qualche tempo non seppi come comportarmi con questa donna meridionale orgogliosa e attaccata alle proprie certezze.
Poi, con l'andare degli anni ci avvicinammo e cercammo entrambe di smussare i nostri angoli troppo appuntiti e di comprenderci.
Quando Nannina morì soffrii quasi come se fosse morta mia madre.
Io forse le avevo portato qualcosa di nuovo ed inatteso in casa; lei mi aveva insegnato a rapportarmi con un mondo completamente diverso dal mio.






Ci sono tanti aneddoti di quegli anni, ma ovviamente non posso raccontarli tutti.
Un ostacolo terribile era il dialetto: non so le volte in cui ho fatto delle figure di m.... perchè non capivo o travisavo.

Lucia!( Luciana ) chesta zuppa è nu poco sciocca!”
Perchè non ci hai messo il sale doppio?”
Che una minestra potesse essere stupida o che il sale potesse essere “doppio” non me lo sapevo proprio spiegare.

Domani è l'onomastico di Nannina; amma fa a pizza!”
Strano paese, dove si festeggia l'onomastico ( a Milano non si festeggia ) e per di più con la pizza, non con la torta...poi arriva Lina con una torta ed io rimango ancora più confusa: “ Ma non dovevi fare la pizza?”     “ E chesta è a pizza!” “ E va beh, allora la pizza come la chiami?” “E chella è a pizza napulitana!”

E poi il “mellone i pane” e “il mellone i acqua”, i “friarielli” e “a petrusina”...a volte non sapevo cosa avrei visto nel mio piatto...

Una volta mio nipote Davide è stato da noi per qualche mese ed è capitato che ascoltasse della gente parlare in milanese.
Ovviamente lui non capiva nulla, allora si è girato verso di me e mi ha detto: “ Ah zì , mo aggia capito come ti sentivi le prime volte che venivi a Ponza!”

E poi le urla.
Io ero abituata alle urla di mio padre in famiglia, ma se urlava voleva dire che era arrabbiato.
Qui urlavano tutti senza motivo ed io ogni volta mi spaventavo.
Una volta mio cognato Livio si era messo ad urlare con un cugino ed io ero convinta che sarebbero venuti alle mani, così chiamai Sandro preoccupatissima.
Ma quelli stanno solo discutendo, non ti preoccupare!”

A parte gli aneddoti simpatici il mio rapporto con l'isola di Ponza è sempre stato abbastanza controverso.
Da una lato la mentalità meridionale mi piaceva un sacco; in casa mia gli ospiti erano rari e accuratamente selezionati, in casa di mia suocera “ si allungava la tavola” ; appena arrivava una persona, che fosse un parente, un amico o un semplice passante era sempre il benvenuto.
E questo per me era sorprendente; da Nannina si respirava sempre aria di famiglia, di comunità, cosa piuttosto sconosciuta sulle tavole delle famiglie brianzole.

D'altro lato, però, soffrivo della mancanza di spazi privati e di riservatezza.
In casa poteva capitare chiunque a qualsiasi ora e questo era divertente ma a volte anche un po' scocciante.

Ricordo una passeggiata solitaria un pomeriggio di agosto di tanti anni fa, da Calacaparra alla Chiesa; ad ogni angolo c'era qualcuno che mi salutava, che mi chiedeva che facevo, come mai ero da sola, e come mai non c'era Sandro e dove andavo a quell'ora e perchè non prendevo la corriera...ecc ecc....

A volte mi sentivo un po' schizofrenica: a Milano i rapporti con i miei parenti e con i miei concittadini erano spesso formali o a volte distaccati; a Ponza venivo catapultata in un mondo in cui la famiglia era al centro di tutto e nel quale l'ospitalità, ma anche il “farsi gli affari degli altri” erano degli imperativi.

Con il passare del tempo i rapporti con i miei parenti ponzesi divennero via via sempre più cordiali; spesso alcuni di loro venivano da noi in inverno oppure passavano dei periodi più o meno lunghi in casa nostra e questo mi aiutò a comprenderli e a scoprire il loro grande potenziale di umanità e di solidarietà.






sabato 10 gennaio 2015

Libertà


Sui miei quaderni di scolaro
Sui miei banchi e sugli alberi
Sulla sabbia e sulla neve
Io scrivo il tuo nome

Su tutte le pagine lette
Su tutte le pagine bianche 
Pietra sangue carta cenere 
Io scrivo il tuo nome

Sulle dorate immagini 
Sulle armi dei guerrieri 
Sulla corona dei re 
Io scrivo il tuo nome

Sulla giungla e sul deserto 
Sui nidi sulle ginestre 
Sull'eco della mia infanzia 
Io scrivo il tuo nome

Sui prodigi della notte 
Sul pane bianco dei giorni 
Sulle stagioni promesse 
Io scrivo il tuo nome

Su tutti i miei squarci d'azzurro 
Sullo stagno sole disfatto 
Sul lago luna viva 
Io scrivo il tuo nome

Sui campi sull'orizzonte 
Sulle ali degli uccelli 
Sul mulino delle ombre 
Io scrivo il tuo nome

Su ogni soffio d'aurora 
Sul mare sulle barche 
Sulla montagna demente 
Io scrivo il tuo nome

Sulla schiuma delle nuvole 
Sui sudori dell'uragano 
Sulla pioggia fitta e smorta 
Io scrivo il tuo nome

Sulle forme scintillanti 
Sulle campane dei colori 
Sulla verità fisica 
Io scrivo il tuo nome

Sui sentieri ridestati 
Sulle strade aperte 
Sulle piazze dilaganti 
Io scrivo il tuo nome

Sul lume che s'accende 
Sul lume che si spegne 
Sulle mie case raccolte 
Io scrivo il tuo nome

Sul frutto spaccato in due 
Dello specchio e della mia stanza 
Sul mio letto conchiglia vuota 
Io scrivo il tuo nome

Sul mio cane goloso e tenero 
Sulle sue orecchie ritte 
Sulla sua zampa maldestra 
Io scrivo il tuo nome

Sul trampolino della mia porta 
Sugli oggetti di famiglia 
Sull'onda del fuoco benedetto 
Io scrivo il tuo nome

Su ogni carne consentita 
Sulla fronte dei miei amici 
Su ogni mano che si tende 
Io scrivo il tuo nome

Sui vetri degli stupori 
Sulle labbra intente 
Al di sopra del silenzio 
Io scrivo il tuo nome

Su ogni mio infranto rifugio 
Su ogni mio crollato faro
Sui muri della mia noia 
Io scrivo il tuo nome

Sull'assenza che non desidera
Sulla nuda solitudine 
Sui sentieri della morte 
Io scrivo il tuo nome

Sul rinnovato vigore 
Sullo scomparso pericolo 
Sulla speranza senza ricordo 
Io scrivo il tuo nome

E per la forza di una parola 
Io ricomincio la mia vita 
Sono nato per conoscerti 
Per nominarti :

Libertà


(  Paul Eluard )