Ecco tre simpatiche ragazze piene di vita in un pomeriggio di fine anni settanta.
Come mi diceva Vittoria in questa foto avevamo quasi un'aria di sfida, come se volessimo dire al mondo intero che eravamo pronte ad affrontarlo.
Ognuna, a modo suo, il mondo l'ha affrontato e due di loro continuano a farlo.
Sulla sinistra ci sono io, in mezzo la mia amica ed ex compagna di liceo Laura, a destra la nostra carissima amica Vittoria.
Lei il mondo non lo dovrà più affrontare, perchè da ieri non c'è più.
Quando in compagnia c'era lei eri sicuro che una discussione sarebbe saltata fuori.
Con la sua voce inconfondibile non perdeva mai l'occasione per parlare, raccontare, fare battute e prendere in giro.
Era una donna sempre presente e vitale; la sua voglia di vivere la coglievi immediatamente nelle sue risate, ma anche nelle osservazioni acute, nelle sue opinioni sempre espresse con forza e convinzione.
E poi c'erano i momenti in cui si ricordava di alcuni istanti del passato o si commuoveva con te per un ricordo particolarmente toccante.
Ciao cara Vittoria, mi sembra impossibile che non sentiremo più la tua voce, ma sicuramente starai già discutendo e ridendo con qualche angelo lassù.
Buon viaggio e grazie di esserci stata...
In questi giorni di festa a volte mi capita di pensare ad alcuni momenti della mia infanzia.
Tra i più belli ricordo le feste passate insieme agli zii e alla nonna di Desio.
Nonna Rosa ( o Rosina, come veniva chiamata ) viveva con la famiglia di uno dei suoi figli in una piccola casetta di legno in mezzo ai campi a Desio.
Sto parlando degli anni '60, quando effettivamente nei nostri paesi i campi erano tanti e, agli occhi di un bambino, immensi.
La mia nonna era una persona un pò strana, taciturna, sempre vestita di nero e con un perenne mal di testa.
Ma io le volevo bene lo stesso, così come volevo bene ai miei zii ed ai miei cugini.
Quando arrivavano le feste spesso la mia famiglia si " trasferiva " per un giorno a Desio ed allora era bellissimo passare il Natale o il Capodanno insieme, tra risotti, tombole e le batture di mio zio Arturo, sempre pronto a raccontare storie divertenti che forse erano vere o forse solo frutto della sua immaginazione.
D'estate a volte ci passavo delle settimane intere in quella casetta a Desio e per me era una bellissima vacanza.
Tanti anni fa, pensando a quel periodo della mia infanzia, ho scritto un raccontino: i nomi magari sono diversi, le vicende non sono proprio tutte vere, ma lo spirito di quel tempo è tutto racchiuso qui, in queste parole.
Buona lettura...e Buon anno Nuovo!
Alice non riesce a dormire stanotte: il
campanile ha già battuto l’una di notte, ma lei si gira e si
rigira nel lettone dove dorme insieme alla cugina.
E’ stata un’altra giornata di
giochi e scoperte lì, nella casetta di nonna Rosa e forse la
grande eccitazione le impedisce di dormire.
Guarda verso la cugina, che dorme
profondamente , quasi sperando che si svegli e le faccia compagnia.
Poi tende l’orecchio per ascoltare i
suoni della casa: nella stanza accanto dormono gli zii: si sentono i
loro respiri profondi.
Tutto intorno è silenzio; si sente
solo il suono della vecchia pendola ed il russare della nonna , che
dorme su di un lettino vicino al loro..
Alice si guarda intorno: illuminata
parzialmente dalla luce della luna che traspare tra le finestre è la
scala di legno, che collega la cucina alle stanze da letto di sopra.
Quando era più piccola la nonna le
raccontava storie incredibili su quella scala: Alice sorride pensando
alla storia del diavolo che sale con le catene ed in mezzo alle
fiamme se i bambini non dormono.
Allora però ci credeva a quelle
storie! E che paura le facevano!
Alice si alza e si avvicina lentamente
alla finestra: fa caldo ed è stata lasciata aperta.
Tutto intorno l’immensità scura
della campagna…
“Sembra un gigante nero che dorme”-
pensa Alice e poi tende l’orecchio.
Migliaia di grilli vocianti cullano il
grande gigante e tutti quelli che dormono.
Alice sente una grande emozione dentro,
una di quelle emozioni che ti fanno venire la pelle d’oca.
Non sa darle un nome; spesso prova
questa emozione, quando si ritrova sola di fronte alla natura.
Ricorda l’ultimo temporale a cui ha
assistito a casa, dalla finestra della sua stanza: la stradina
sterrata di fronte a casa trasformata in un torrente di acqua e
fango, gli alberi impazziti di vento e pioggia, le rondini che volano
basse, gli ululati dei cani.
La nonna si gira e sembra si stia
svegliando: Alice torna a letto, per paura che la veda alzata (si
arrabbierebbe moltissimo).
Finalmente riesce ad addormentarsi per
qualche ora, poi si sveglia di nuovo.
Fuori dalla finestra i colori
cominciano ad apparire: Alice si alza di nuovo alla chetichella e
rimane estasiata dai colori dell’alba: gli alberi dormono ancora e
tra i loro rami tripudi di oro, azzurro e rosa.
Gli uccelli, quasi a richiamarsi l’uno
con l’altro, intonano il loro concerto mattutino.
“Che notte strana!”-pensa Alice,
che , solitamente, dorme come un ghiro dalla sera alla mattina.
Poi , tornando a letto, ha una
sensazione particolare , come se questa notte dovesse essere in
qualche modo ricordata.
“Devo ricordarmi queste cose…”-
pensa tra sé e sé mentre scivola di nuovo nel sonno.
Al mattino Alice rimane a letto fino a
tardi e , quando si sveglia, tutti hanno già fatto colazione da un
bel pezzo e sono giù in cucina a chiacchierare.
Lo zio Arturo è a casa in ferie dalla
fabbrica, lei e la cugina Mariella sono in vacanza , la zia
Giuseppina e la nonna sembra non abbiano molto da fare e così sono
tutti riuniti in cucina, tranne il cugino Flavio.
Alice scende gli scalini di legno, che
scricchiolano al suo passaggio ed entra in cucina.
“Buongiorno signorina!”- le dice la
zia- “ma a casa tua dormi sempre così tanto?”
Tutti la prendono in giro, ma Alice non
se ne cura; la fama di dormigliona ormai ce l’ha da anni e non le
dà fastidio.
Vorrebbe raccontare quello che ha visto
e sentito stanotte, ma sa che la prenderebbero un po’ per pazza e
così si siede per fare colazione.
Ogni anno trascorre un po’ di giorni
in questa casetta di campagna a Desio, è una specie di
villeggiatura, anche se lei abita in un paese vicinissimo .
Ad Alice piace moltissimo stare qui e,
appena arrivano le vacanze estive, non fa che supplicare la madre
perché la mandi subito dalla nonna.
La “Casetta dei Cachi”, come lei
l’ha ribattezzata per l’enorme albero di cachi nel giardino, è
circondata da un bel pezzo di terra e da decine di alberi da frutta.
C’è un campo di granoturco davanti ,
un bell’orto, una conigliaia ed un pollaio.
Una bella tazza di caffelatte fumante
sta già aspettando Alice , che inizia subito a intingerci i
biscotti.
Si guarda intorno, osserva gli altri
mentre chiacchierano.
La nonna Rosa è bassa, curva e molto
vecchia: porta un paio di occhiali spessissimi ed i capelli raccolti
in piccole trecce che si arrotolano sulla testa.
E’ sempre vestita di nero e se ne sta
sempre un po’ appartata, quasi assente.
Anche adesso parla a malapena e vaga un
po’ con lo sguardo nel vuoto.
Alice e Mariella, la cugina, la fanno
spesso arrabbiare.
La nonna odia la musica moderna e le
due cugine fanno apposta a cantare a voce alta le ultime canzoni di
Gianni Morandi e Caterina Caselli.
Lei si arrabbia, ma è uno dei pochi
momenti in cui sembra svegliarsi dal suo letargo.
Per il resto passa la maggior parte
della giornata su in stanza , con la scusa di un mal di testa o della
stanchezza.
Oggi è giorno di mercato: Alice e
Mariella si preparano ad andarci.
Mariella ci mette una vita a
prepararsi: è più grande di Alice di tre anni e sta cominciando a
fare la smorfiosa.
Passa la vita davanti alllo specchio, a
pettinarsi e vestirsi.
La madre non le permette di truccarsi,
ma lei lo fa lo stesso, alla domenica, di nascosto.
Le due cugine sono finalmente pronte :
Alice si mette sul sellino dietro della grossa bici di Mariella e da
lì si sente davvero a suo agio: si guarda in giro, canticchia e
ripensa all’ultima fiaba letta la settimana prima: quella delle Tre
Melarance.
Nelle sue favole preferite le ragazze sono sempre
bellissime principesse corteggiate da principi ricchi ed eleganti, che vanno in carrozza e non in bicicletta, però ci vuole poco ad immaginarsela una carrozza e così Alice si lascia trascinare dalla sua fantasia mentre Mariella pedala verso il mercato.
Oggi è domenica e la famiglia di Alice
è venuta a trovare lei ed i parenti a Desio.
La zia, come al solito, ha preparato il
risotto giallo, il bollito e le verdure, ma per i ragazzi ha cotto
alcune bistecche impanate e ha fatto le patatine fritte.
Tutti sono allegri e ciarlieri a
pranzo, tranne la nonna Rosa che, come al solito, se ne sta in un
angolo a rimuginare solitaria.
Solo di tanto in tanto, quando lo zio
Arturo racconta qualche cosa di divertente, alza lo sguardo ed
abbozza un sorriso.
Poi lo riabbassa e continua a mangiare
nel suo silenzio.
Il padre di Alice beve
un po’ di più e la mamma si arrabbia, ma interviene lo zio a
calmare le acque raccontando l’ultimo scherzo fatto ai suoi
colleghi di lavoro.
Il tavolo è un po’ vecchiotto, la
cucina è piccola, ma sembra che si sia dilatata.
Alice osserva la vecchia credenza
vicino a lei: le antine sono di vetro intarsiato con decorazioni di
fiori e sul ripiano c’è tutta una serie di oggetti incredibili.
Quello che Alice preferisce è un
orologio di rame con attorno dei motivi di fiori e con dei putti
tutti intorno. Vi sono poi dei portacenere dipinti a mano e qualche
statuetta di santi.
Alice riguarda gli oggetti e guarda i
suoi parenti: sente una dolcezza infinita dentro di sé, è la
bambina più felice di questa terra.
Tutti parlano e ridono, mentre generose
porzioni di cibo vengono servite.
Finito il pranzo si comincia a
rigovernare, direttamente sul tavolo.
Non c’è l’acqua calda e così si
scalda l’acqua sul fuoco e poi la zia la versa in un mastellino sul
tavolo, così, mentre lava i piatti, può continuare a chiacchierare.
Per Alice è come essere in un sogno:
l’atmosfera è raccolta e morbida e i visi di quelli che parlano
sono piacevoli da guardare.
I suoni e le parole sono carezzevoli:
più la stanchezza pomeridiana li affievolisce, più l’atmosfera di
pace che regna nella cucina aumenta.
Ad un certo punto le parole diventano
come una musica e Alice non ne comprende più il senso, ma ne sente
il suono, come il gorgogliare leggero di un ruscello, che a tratti si
vivacizza quando incontra delle pendenze da affrontare.
In questa casa di legno, senza
riscaldamento, bagno e televisione, tutti sono riuniti a celebrare un
rito, l’antico rito dell’appartenenza, dell’amore e della
condivisione.
Se noi non avessimo amato, chissà se quel narciso
avrebbe attratto l'ape nel suo grembo dorato, se quella pianta
di rose avrebbe ornato di lampade rosse i suoi rami!
Io credo
non spunterebbe una foglia in primavera, non fosse per le labbra
degli amanti che baciano. Non fosse per le labbra dei poeti che
cantano.
Come al solito le notizie belle passano in second'ordine.
SEMPRE
Non sono una "complottista", non credo agli Illuminati e alle scie chimiche, ma talvolta mi viene da chiedermi perchè mai i nostri giornali siano pieni zeppi SOLO di cattive notizie.
Dobbiamo cominciare a credere ad una nuova strategia della tensione?
I problemi ci sono, la crisi c'è , il femminicidio c'è, le tensioni internazionali ci sono, l'ebola è viva e vegeta ma, spiegatemi, perchè continuiamo a parlare SOLO delle cattive notizie?
C'è una ragazzina strabiliante, coraggiosissima, intelligentissima, che è sopravvissuta alla violenza dei talebani e che ha vinto il Premio Nobel per la Pace - IL PREMIO NOBEL PER LA PACE! NON BRUSCOLINI!
Sicuramente ogni giornale l'avrà messa in prima pagina, ovvio!
INVECE NO! Ancora la mafia, ancora l'omicidio di Santa Croce Camerina e poi ancora il maledettissimo Grillo ( che Babbo Natale se lo porti via! ), ma per leggere di Malala Yousafzai bisogna andare in terza, quarta o quinta pagina.
E' sintomatico; è sintomatico di questi tempi senza speranza e senza coraggio (oppure la speranza ed il coraggio ce li stanno facendo perdere proprio questi giornali??? ).
Forse aveva ragione il buon caro Indro Montanelli, quando diceva che la cosa migliore che si può fare con un giornale, dopo averlo letto, è avvolgerci il pesce...e beh e come ci avvolgiamo il pesce con i giornali on line??
Bando alle ciance, che ne ho fatte anche troppe, ascoltiamo in silenzio questa splendida ragazza, che sembra un piccolo sole brillante su una terra desolata.
Oggi avresti compiuto 93 anni.
Sei mancato nell'agosto del 2004 e quindi sono ormai più di dieci anni.
La cosa più strana è che più passa il tempo e più sento la tua mancanza.
Non abbiamo mai avuto un rapporto idilliaco noi due: spesso abbiamo litigato, spesso non ci siamo capiti, ma sono contenta di due cose: non abbiamo mai perso il rispetto e l'affetto l'uno verso l'altra e, negli ultimi anni della tua vita, ci siamo ritrovati e ci siamo davvero voluti bene...
Buon compleanno papà, dovunque tu sia...
Per chi vuole leggere, o rileggere, il racconto che ho scritto basandomi sul diario di guerra di mio padre:
E' una lettera immaginaria, dedicata con affetto a tutte le donne.
Cara amica,
chi ti scrive è una signora ormai
di mezza età con un passato da ribelle e da femminista.
Forse non dovrei parlare di passato,
perchè, nonostante l'età, femminista lo sono ancora, anche se a
modo mio.
Ho passato anni della mia vita da
ragazza a costruirmi come donna, a partecipare alle proteste e a scendere in piazza per quello in cui credevo.
E risultati ne abbiamo ottenuti; se
l'Italia non è più uno stato medievale, se abbiamo ad esempio
un'ottima legge sul diritto di famiglia ed una contro la violenza
sulle donne, lo si deve anche a tutte le femministe che hanno
riempito le piazze negli anni settanta e ottanta.
Io non so se oggi gli episodi di
violenza verso la donna sono effettivamente aumentati o se invece se
ne parla di più.
La mia percezione è che siano
davvero aumentati.
La mia percezione è che il rispetto
verso le donne sia diminuito e che le ragazze e le giovani donne di
oggi stiano diventando più fragili.
Ascolto certi ragionamenti da parte
di alcune mie studentesse e mi vengono un po' i brividi, leggo i
testi di alcune canzoni, come “Love the way you lie” di Rhianna e
qualche pensiero me lo faccio.
Quando nella canzone lei dice “Te
ne starai lì a guardarmi bruciare : beh, va bene perché mi piace il
modo in cui fa male “ qualche
dubbio mi viene.
Qualcuno, non so chi e non so
perchè, sta cercando di convincere le nostre ragazze che, va beh,
dopo tutto un uomo può fare degli errori e magari alzare un po' le
mani.
E' una specie di messaggio
subliminale, che passa in modo sottile e che attraversa la nostra
vita quotidiana senza neppure che noi ce ne accorgiamo; passa
attraverso la rete e le canzoni, passa attraverso le famiglie in
sofferenza per la crisi economica e le separazioni, passa attraverso
le storie di ragazzi e ragazze lasciati soli durante la loro crescita
ed in cerca di nuovi modelli e stili di vita che possano compensarli
per la disattenzione dei loro genitori.
Ed allora senti che la tua
studentessa così carina e a modo non può venire alla pizzata della
classe perchè il suo ragazzo non vuole, oppure un'altra non ha il
coraggio di lasciare il suo di ragazzo, geloso in modo preoccupante,
perchè la solitudine le fa più paura di un rapporto malato.
Cara amica, io dico che dobbiamo
finalmente svegliarci e forse ridiventare tutti un po' femministi,
non solo le donne ma tutti gli esseri umani.
Dobbiamo reintrodurre con forza il
concetto di rispetto in tutti i tipi di rapporti umani, tra uomo e
donna, tra genitori e figli, tra amici e vicini.
E poi dobbiamo un po' reintrodurre
badilate e badilate di libertà e di fiducia in se stessi in tutta la
società.
Le mie ragazze a scuola sono
splendide, sono belle, intelligenti, divertenti, creative, MA C'E'
BISOGNO DI QUALCUNO CHE GLIELO DICA!
C'è bisogno che queste ragazze
prendano la loro vita in mano ed imparino a farsi rispettare e ad
amare se stesse.
Ecco perchè è necessario
reintrodurre il femminismo in questa società.
Non per fregare i maschi, ma per
viverci insieme in modo rispettoso e costruttivo, per essere in grado
di vivere anche da sole se necessario, per non avere paura del
giudizio di chicchessia.
E' una vendetta meschina e
disprezzabile quella di certe donne che, dopo una separazione,
costringono i mariti a non vedere i figli o a dormire in macchina per
pagare gli alimenti.
Questo non è femminismo.
Femminismo significa partire sempre
e comunque dal rispetto e dalla ricerca dell'uguaglianza, dei pari
diritti e della pari libertà.
E questo significa anche non
accettare mai, in nessuna forma , il sopruso e la violenza verbale e
fisica.
Se lui ti schiaffeggia una volta lo
farà ancora; se ti insulta davanti a tuo figlio, lo farà ancora.
Cara amica, noi donne siamo belle,
fiere, capaci, grandi lavoratrici, grandi pensatrici.
Siamo capaci di sopportare le
avversità ed il dolore meglio di chiunque altro, siamo il centro di
ogni famiglia, siamo furbe ed innovatrici, siamo capaci di fare mille
cose e poi di abbracciare e coccolare i nostri figli.
Siamo delle compagne coraggiose, che
appoggiano i propri mariti o compagni come forse loro non sarebbero
in grado di fare, siamo libere ed indipendenti dentro e fuori,
sappiamo cavarcela in ogni situazione,siamo il motore che muove il
mondo, ogni giorno, in ogni luogo del mondo.
Siamo noi che mettiamo al mondo i
figli e li cresciamo, che accorriamo appena qualcuno è malato o in
fin di vita.
Siamo scienziate, astronaute e
manager, artiste, giornaliste, capi di stato o semplicemente
lavoratrici insostituibili in tutti i campi.
Siamo noi che sappiamo curare le
persone care e stare vicino a chi nasce e chi muore.
Siamo noi che non molliamo i figli
qualsiasi cosa succeda e qualsiasi malattia o problema abbiano.
Cara amica, noi siamo tutto questo e
se ne saremo orgogliose, se ne saremo consapevoli, se non ci faremo
mettere i piedi in testa, non avremo mai paura di nessuno.
E un mondo di donne coraggiose e
sicure di sé è un bel mondo nel quale vivere, anche per gli uomini.
Questo è un episodio che mi è capitato a scuola tanti anni fa.
Ha dell'incredibile ma vi
giuro che è accaduto davvero.
Ovviamente non farò i nomi veri.
Ho
un colloquio con la mamma di Paolo B., un ragazzino
sveglio e molto bravo di prima Ragioneria.
Arrivo
un po' in ritardo in aula colloqui perchè il preside mi ferma per
delle questioni ; la bidella però mi avverte che anche la madre di
Paolo è in ritardo, quindi faccio con calma.
Arrivo
in aula colloqui e vedo una mamma che mi aspetta.
“ E'
la madre di Paolo B.?” - chiedo
“ Sì,
sono io, mi scusi per il ritardo ma c'era un po' di traffico.”
“ Nessun
problema signora, anch'io sono un po' in ritardo.”
“ Sì,
la bidella me l'ha detto, ma pensavo sarebbe arrivata ancora più in
ritardo; mi hanno detto che ha avuto un grosso problema in classe.”
Non
capisco di cosa stia parlando, ma forse la signora si sta solo
confondendo o forse la bidella parlava di un' altra collega, capita.
Inizio
a tessere le lodi di Paolo e a sottolineare il ruolo positivo che ha
in classe.
Poi
apro il registro e faccio vedere i voti, sempre molto alti.
Ad
un certo punto devo fermarmi perchè la signora comincia a piangere.
“ Sono
così felice, professoressa, non me l'aspettavo, non credevo
proprio che fosse migliorato così tanto; sa, dopo la bocciatura
eravamo tutti scombussolati in casa...”
“Ma
quale bocciatura?”-chiedo sorpresa – “ Paolo fa la prima; è
stato forse bocciato alle medie? Mi stupirebbe molto, visto che è
così bravo.”
La
signora mi guarda in modo interrogativo.
“ Non
capisco: Paolo fa la quarta!”
Adesso
sono io a non capire più niente; ma di chi stiamo parlando?
Nel
frattempo arriva un'altra signora, la vera mamma del mio alunno: è trafelata per il ritardo e si scusa . Arriva anche una mia collega di inglese, che ha avuto, lei sì,
qualche problema in classe.
“ Perchè
stai parlando con la madre del mio studente?”- mi chiede sorpresa
- “ Vi conoscete ?”
Io
e la signora ci guardiamo in faccia e non sappiamo più cosa dire.
Cos'era
successo? C'erano due
Paolo
B. , giuro, stesso nome e stesso cognome ma nessun tipo di parentela
o conoscenza: uno bravissimo, uno un po' scarso.
Entrambe
le madri erano venute a parlare con l'insegnante di inglese, di cui
non ricordavano il cognome.
Tutte
noi, madri e insegnanti, per motivi diversi, eravamo in ritardo e la mia collega di inglese
era molto in ritardo a causa di un grosso problema in classe...
Che dire, è
stato proprio un episodio ai confini della realtà...
Leggo che finalmente la Chiesa ha abbattuto un muro, quello che la contrapponeva alla scienza.
Dice Papa Francesco: " Il Big Bang non contraddice la Creazione (...). il Big Bang, che oggi si pone all'origine del mondo, non contraddice l'intervento creatore divino (...) - e ancora - " L'evoluzione della natura non contrasta con la nozione di creazione, perchè l'evoluzione presuppone la creazione degli esseri che si evolvono."
Penso che questa sia una bella notizia, sia per i credenti che per i non credenti; il passo successivo sarà quello, auspicabile, che finalmente la scienza e la fede restino separate, anche senza negare mai il dialogo tra credenti e non credenti.
E' dopo avere letto questo articolo che la mia mente comincia un pò a viaggiare e torna indietro a tanti anni fa, quando ero un'oratoriana di ferro.
Penso agli anni dell'oratorio e li divido in due sequenze ben chiare:
- gli anni in cui, da piccola, ci andavo per giocare a palla avvelenata e per imparare il Credo e le storie della Bibbia
- gli anni del dubbio e delle domande, quando avevo 13-14 anni e cercavo disperatamente delle risposte che non arrivavano nè dalla chiesa, nè dall'oratorio.
Era la fine degli anni sessanta e anche a Varedo, anche se in piccolo, era arrivato il 68.
Avevo una straordinaria insegnante di scienze alle scuole medie, che ci parlava di Darwin e dell'evoluzione.
Io amavo la scuola e amavo le scienze e queste nuove teorie mi frullavano nel cervello come pale di un mulino a vento.
Un giorno, avrò avuto 13 anni, ero a spasso per Varedo con una compagna di classe e ci facevamo un sacco di domande, del tipo " Ma la Bibbia dice che ci ha creato Dio usando l'argilla per Adamo ed una costola di Adamo per Eva e invece Darwin dice che deriviamo dalle scimmie; qual'è la verità?"
Avevamo provato a fare queste domande a qualche suora o a qualche catechista all'oratorio, ma la reazione era stata sempre la stessa: scandalo, perplessità, risolini, sorpresa...insomma nessuna risposta...
Mi ricordai di Don Mario, il nostro insegnante di religione, così amato da noi studenti e così odiato dalla Curia per le sue idee troppo moderne.
Così decidemmo di fargli visita e di esporgli le nostre perplessità.
Ci accolse con una tazza di tè ed una spiegazione molto semplice, simile a quella di Papa Francesco: " Le due idee" - ci disse -" non sono in contraddizione; la Creazione di Adamo può essere considerata un'allegoria, può darsi che l'uomo derivi dalla scimmia, ma la scimmia è sempre una creatura di Dio, che si è poi evoluta..."
Fu l'unica risposta sensata che in quegli anni ricevetti da un rappresentante della Chiesa.
Ben presto lasciai l'oratorio e le risposte andai a cercarle da qualche altra parte.
In seguito Don Mario fece delle scelte radicali, tra cui quella di diventare un prete operaio, e di criticare varie volte la Chiesa e le sue chiusure verso tutto ciò che era nuovo e diverso.
A causa di questi suoi comportamenti venne aspramente criticato dai benpensanti e venne isolato dalla Chiesa di Varedo.
Ancora oggi, se si cercano sue notizie in rete, si trovano solo sul blog delle Acli di Varedo.
E' stato un uomo coraggioso, che ha anticipato i tempi e che non è stato compreso dai suoi concittadini.
Oggi Papa Bergoglio ha finalmente abbattuto questo muro, ma io non posso fare a meno di pensare che sarebbe stato molto meglio abbatterlo prima: tanti ragazzi di allora, come me, magari non avrebbero abbandonato gli oratori e preti come Don Mario avrebbero avuto il loro giusto ruolo nella società.
Insomma: meglio tardi che mai...però sarebbe stato meglio prima...
Don Mario benedice la Casa Alpina delle Acli di Varedo il giorno della sua inaugurazione , nel 1964
Stasera va così: un pò di malinconia, un pò di voglia di volare lontano da tutto.
Come il grande William Wordsworth mi sento "lonely as a cloud that floats on high o'er vales and hills"
(solitario come una nuvola che fluttua là in alto sopra valli e colline ).
E allora spazio alla musica, spazio alla poesia, i migliori vascelli per un'anima che stasera vuole solo volare...
Ha una sua solitudine lo spazio, solitudine il mare e
solitudine la morte - eppure tutte queste sono folla in
confronto a quel punto più profondo, segretezza polare, che è
un’anima al cospetto di se stessa: infinità finita.
- Emily Dickinson -
Natale Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade
Ho tanta stanchezza sulle spalle
Lasciatemi così come una cosa posata in un angolo e dimenticata
Inizio d'anno scolastico frenetico e faticosissimo: 6 classi, di cui 4 nuove e quindi un mare di nuovi nomi e cognomi da imparare e un mare di verifiche da correggere, una quinta di 32 studenti ( sì, avete letto bene, 32 ) e quindi un lavoro di programmazione ad hoc per questa mega-classe, una nuova preside molto efficientista e vogliosa di organizzare riunioni e consigli di classe tutte le settimane e...il registro elettronico...
All'inizio dell'anno scolastico avevamo ancora uno pseudo registro cartaceo in attesa di attivare quello elettronico; timori e ansia, almeno da parte mia e di altri colleghi non molto tecnologicizzati e poi via, si parte con l'esperimento.
Dopo la paura iniziale devo dire che tutti hanno imparato: il sistema è piuttosto semplice e così anche noi babyboomers, anzianetti e imbranati, siamo riusciti ad entrarci.
D'ora in poi tutto quello che succede nelle classi entra nel registro elettronico: argomenti delle lezioni, voti, assenze, ritardi, note disciplinari, recuperi, circolari ecc.
Un gran bel passo verso una nuova scuola, questo è sicuro; un gran bel risparmio di carta e di tempo per tutti, una grande possibilità per tutti i genitori di controllare il lavoro fatto in classe e...di controllare i propri figli...
E a questo punto che comincio a pormi un pò di domande...
Bello che un genitore sappia subito i voti del pargolo, bello che possa controllare se bigia o se arriva in ritardo...o no?
Mia figlia ha fatto subito un'osservazione molto "terra terra" : "Beh, ma allora non si può più bigiare?"
In effetti no, non si può più bigiare, ma non si può più neppure nascondere i voti presi a scuola.
Quando andavo al liceo a volte qualche votaccio negli scritti di matematica o di tedesco lo prendevo, ma mi guardavo bene dal dirlo.
Poi sapevo che, con l'interrogazione orale, avrei rimediato, quindi un 5 nello scritto ed un 7 nell'orale facevano 6 di media ed io comunicavo il 6 ai miei, non il 5 o il 4.
Un'altra cosa erano le bigiate: le posso contare sul palmo di una mano, erano pochissime, ma il gusto della trasgressione era comunque molto, molto dolce (vedi mio articolo del 14 dicembre 2012: " Una bella Bigiata e i Jefferson Airplane ")
Ricordo con affetto anche un'altra bigiata al Parco Lambro con la mia amica Manuela a cantare le canzoni di Guccini e a mangiare la focaccia comprata nella panetteria vicina.
Questo non sarà più possibile d'ora in poi: sempre più scuole si stanno attrezzando col registro elettronico ed i nostri ragazzi saranno sempre più sorvegliati e controllati.
A volte penso che davvero George Orwell sia stato troppo ottimista: quando ha creato il suo Grande Fratello ha previsto delle forme di controllo individuale che poi si sono davvero avverate, ma penso che non abbia mai potuto immaginare che il controllo delle persone potesse arrivare a questi livelli.
I nostri ragazzi diventeranno come dei soldatini, sempre inquadrati e controllati; molti genitori saranno contenti, così sapranno sempre cosa fanno i loro pargoli e ciò li tranquillizzerà.
Io?...non so perchè, ma tutto questo mi lascia un pò di amaro in bocca: come insegnante dovrei essere contenta, come ex studente ( in fondo io non sono mai cresciuta dentro ) mi dispiace che questi nostri ragazzi non possano più permettersi di essere un pò bugiardi, un pò furbi, un pò stupidi, un pò trasgressivi come lo siamo stati tutti alla loro età ...
“ Gli
uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai
mercati le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercati di
amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico
addomesticami ”.
Piccolo
Principe:
“ Che bisogna fare? “
Volpe:
“Bisogna essere molto pazienti.
In principio, tu ti siederai un po’
lontano da me, così, nell’erba.
Io ti guarderò con la coda
dell’occhio e tu non dirai nulla.
Le parole sono una fonte di
malintesi.
Ma ogni giorno tu potrai sederti un
po’ più vicino.
Poi il giorno dopo ancora più
vicino .. finché mi potrai toccare ..
Saremo diventati amici, non avremo
più paura uno dell’altro …
saremo felici di stare insieme ..”
-
Antoine de Saint-Exupèry - da “ Il Piccolo Principe “
Ho scoperto una poetessa che non conoscevo; si chiama Goliarda Sapienza, un nome che sembra un ossimoro.
La sua raccolta di poesie " Ancestrale " risale agli anni cinquanta, eppure Goliarda non ne volle mai sapere di pubblicarla.
Angelo Pellegrino, che ha curato la prefazione a questa raccolta, scrive che Il suo pudore non poteva superare certi scogli.
Come Emily Dickinson anche Goliarda non aveva il coraggio di far leggere le proprie poesie agli altri...succede a molti poeti...
Goliarda è morta nel 1996 e solo oggi i suoi versi vengono pubblicati.
Avrei molte cose da dire su di lei, ma stasera non ne ho la forza e così mi limito a farvi conoscere un paio di sue poesie.
Non dubitate, ne riparlerò molto presto.
Stasera ho solo voglia di farmi trascinare un pò dalle sue parole e dalle sue immagini, crude, quasi crudeli direi, umane, troppo umane, legate a filo doppio ad una visione sanguigna della vita, una visione per niente ottimista ma neppure negativa, semplicemente disincantata.
Prendetemi per folle, ma i suoi versi hanno il profumo della notte e di certi scenari ancestrali e misteriosi che solo l'immaginazione, i sogni, i miti e la follia possono regalare...
Un piccolo regalo poetico accompagnato dalla voce fantastica di Sarah Brightman e dei Gregorians, per un attimo di distacco dalla nostra solita vita quotidiana troppo concitata...
Buon viaggio...
Non potrai più uscire L'ora è passata. La notte ha chiuso i cancelli. C'era il sole hai esitato. Ora nel buio devi restare
************************* Assediati giochiamo ai dadi assediati posiamo le armi e aspettiamo L'assedio finirà giochiamo Aiace l'assedio finirà. *************************
La luna tralcio a tralcio rotolava sulla vigna tremante di paura Partoriva conigli topi scorpioni E noi stretti nascosti dietro il muro la sentimmo guaire come un cane
************************* Quante volte rinchiuso l'uscio alle mie spalle rigirata la chiave una due volte ho aspettato, la fronte sul legno della tua assenza
Quando ripenso a certe periodi che ho attraversato durante la mia vita quasi non mi sembrano più veri. Senza accorgertene anni passano, mode cambiano, modi di vivere e di pensare mutano e tu ti ritrovi con un bel fardello di anni sul groppone e con la sensazione che certi ricordi, certe atmosfere abbiano ormai la consistenza dei sogni. Ma come ?- ti domandi - sembrava ieri ed è già passato, anzi trapassato. Ne parlavi ridendo agli amici giusto l'altro ieri e adesso se ne parli a qualcuno che è fuori dalla stretta cerchia degli amici che ti sono rimasti ti guardano increduli, convinti che tu gli stia raccontando una solenne panzana. Raccontare oggi di certe atmosfere degli anni settanta o ottanta è davvero complicato. Vi ricordate dei punk? Vi ricordate delle comuni? Vi ricordate i sogni, gli ideali, ma anche le assurdità di quegli anni? Allora sembrava facile cambiare il mondo, ma atrettanto facile era credere in cose improponibili. Eccovi un piccolo pezzo di vita vissuta: Berlino, inizi anni 80: un piccolo pezzetto di bellezza e di assurdità direttamente da quegli anni...
Berlino, 2 Febbraio 1980
La nostra amica Irmi ci ha
invitato per un tè pomeridiano nella comune dove vive, nel quartiere
di Kreuzberg..
Qui un gruppo di ragazze,
alcune con figli, vivono insieme e condividono tutto.
C’è chi si occupa della
casa, chi del lavaggio e della manutenzione dei vestiti (che sono di
tutte).
Chi va a lavorare
nell’asilo autogestito direttamente dalle ragazze della comune, chi rimane a casa a curare i bambini.
Al piano superiore c’è
un'altra comune, questa volta di soli ragazzi, anche loro
organizzatissimi, alla tedesca insomma.
Durante il giorno c’è
un vai e vieni continuo di gente.
In mezzo alla sala c’è
un grande tavolo rotondo , sempre pieno di teiere, di caffettiere, di
dolci, biscotti e bevande.
I due appartamenti, come
racconta un punk alto due metri e munito di enorme cresta multicolore e
di spilla da balia nel labbro, sono stati occupati abusivamente.
Qui a Berlino la polizia
lascia fare: qui e là c’è qualche scontro ma c’è come un
tacito accordo ed è così che centinaia di ragazzi sono arrivati qui
e si sono sistemati nei palazzi fatiscenti del vecchio quartiere di Kreuzberg.
Inge, una bella ragazza
con un pancione enorme, mi dice che lo fanno per far passare Berlino
Ovest come il paese della Cuccagna. Qui la vita notturna non finisce
mai, i ragazzi che vi risiedono non fanno il militare ed ogni forma
di convivenza è tollerata.
Ci racconta che c’è un gruppo di
persone che, poco lontano, da qui, ha deciso di vivere in una casa
con le pareti di vetro, così chiunque passa può vedere cosa succede
dentro.
Mi racconta anche che a
giorni partorirà: le chiedo in quale ospedale.
Lei e Irmi sorridono.
“Qui nessuna di noi
partorisce in ospedale; facciamo tutto a casa, è più naturale, è
più umano”- mi spiega
“E se succede qualcosa?
Se qualcosa va storto?” chiedo io
“Ci sarà un’ambulanza
sotto casa ad aspettare; se dovesse esserci qualche complicazione in
cinque minuti siamo in ospedale” mi dice.
Sono proprio tedeschi:
parto naturale ma nessun rischio, è una cosa ragionevole.
Inge mi spiega che tutte
parteciperanno al parto e che tutto verrà fotografato da una delle
compagne.
Stupidamente le chiedo
chi è il padre.
Ridono tutte e due di
gusto. “Ich weiss es nicht!” “Non lo so “, dice Inge
continuando a ridere.
Ben mi sta: che domanda cretina da fare in un posto dove
il bagno non ha la porta e dove una tipa nuda sta suonando il sassofono in
fondo al soggiorno!
Il giorno dopo siamo di
nuovo da Irmi: è contenta di vederci, ci chiede cosa abbiamo visto
di Berlino, come ci troviamo alla pensione, cosa ne pensiamo del
Muro.
E’ impressionante vedere
Berlino Est dalla Porta di Brandeburgo di sera: di qua un rumore
continuo, la colonna sonora della Berlino Paese della Cuccagna.
Di là silenzio assoluto,
interrotto qua e là da qualche rumore di auto o di rari passanti.
Irmi ci invita a sederci
al solito tavolo rotondo e ci offre dei nuovi biscotti.
Ci spiega che all’interno
contengono una piccola percentuale di pasta di hashish o, qualcosa
del genere.
Sorrido e prendo i
biscotti di un altro vassoio.
Mentre stiamo allegramente
parlando e facendo merenda lo sguardo cade su alcune fotografie
appese alla parete.
All’inizio non capisco,
poi rimango sbalordita, con il boccone che non va né su né giù.
Attaccate su tutta la
parete le foto del parto di Inge.
La scena è vista sotto
ogni tipo di angolazione possibile.
Irmi vede la nostra
sospresa e ci spiega che Inge ha partorito la notte stessa.
Il parto era previsto per
qualche giorno più avanti, ma il bambino ha voluto nascere prima.
Tutto è andato bene e non
hanno neppure avuto bisogno dell'ambulanza.
Anche questa cosa, come
tutte le altre nella comune, è stata fatta insieme.
Irmi è incantata mentre
racconta tutti i dettagli del parto e ci invita a guardare
attentamente le foto, ma io mi sento un po’ male e con una scusa vado verso il bagno...ah , già, dimenticavo che il bagno non ha la porta...
Luciana Figini
P.S. Non capisco perchè mi sia venuta fuori questa spaziatura assurda, ma non riesco in nessun modo a cambiarla. Ancora una volta mi sento sconfitta dalla tecnologia...