sabato 30 novembre 2013

Preghiera


Ogni preghiera ha un vertice sicuro
e così non sono partita
per rimanere a pensare.

Tu non sai 
che il pensiero di una donna
è più veloce di un viaggio.

Mi hai rinnegato molte volte
e non sai
che mi hai rimandato indietro
di mille anni.

Così oggi
ti chiudo la strada
e ho un vigile sempre pronto
che ti sbarra il mio cuore.

- Alda Merini - 








Era mio Padre - Prima Parte

Tra qualche giorno mio padre avrebbe compiuto 92 anni.
Quando morì la prima cosa che feci fu di rileggermi il suo diario di guerra, miracolosamante arrivato incolume fino agli anni duemila, nonostante il continuo scartabellare e passare di mano attraverso gli anni.
Leggevo le vicende di mio padre soldato e cercavo di immaginarmelo da ragazzo, costretto come migliaia e migliaia di altri ragazzi della sua età a partecipare e a combattere in una guerra senza senso.
Cercavo anche di immaginare il suo ritorno a casa, in un'Italia devastata dalla guerra e tutta da ricostruire.
Poi mio marito ha messo mano al diario e l'ha completamente riscritto a computer - di questo gli sarò sempre grata - e quindi la lettura divenne più agevole.
Un giorno mi è venuto in mente di scrivere un piccolo racconto, nel quale mi immagino lo stato d'animo di mio padre al ritorno dalla guerra.
E' stato il mio modo per ricordarlo e per sentirlo vicino.
Ve lo propongo qui di seguito; le parti in grassetto sono quelle che si riferiscono al diario; alcune sono originali del diario, altre le ho modificate.




IL RITORNO DEL SOLDATO

E’ un giovane uomo : avrà ventiquattro , venticinque anni.
Cammina faticosamente nella sua uniforme sporca e scolorita.
Il suo viso è dello stesso colore dell’uniforme: pallido, sporco, uno sguardo da sconfitto, ma con un luccichio negli occhi.
Sul viso corrono innumerevoli piccole rughe.
Dicono che la guerra trasformi i giovani in vecchi ; i bombardamenti , la paura e gli stenti diventano dei luoghi visibili sulla cartina geografica di ogni viso.
L’uomo cammina e si guarda intorno; un piccolo sorriso timido appare sulle sue labbra e sembra spianare le rughe e la stanchezza.

La strada che va da Palazzolo a Varedo, dispersa in mezzo alla campagna, è piena di ciottoli e fango, ma per il ragazzo è la strada più bella del mondo…
Dopo la lunga pioggia il terreno è umido e profumato, gli alberi ed i campi intorno brillano di un color verde smeraldo , ma il giovane soldato cerca solo una cosa con lo sguardo.
Il cuore fa un balzo nel petto quando, da lontano, appare la sagoma familiare del campanile di Varedo.
“Eccoti qua!” – esclama Enrico sorridendo –“Finalmente ti rivedo!”
Sente che una lacrima gli sta per scendere dalla guancia, ma si fa forza – è un soldato, che diamine!- e tira avanti trascinandosi sulle spalle il pesante zaino ; nel cuore la pesantezza di cinque anni di guerra e di lontananza da casa.
Si ferma e si guarda indietro: il pullman che li ha portati fin lì a lui, al Taran e all’Angelo, si è già dileguato da un pezzo.

Improvvisa una sensazione di struggimento: ha lasciato dietro le spalle i suoi compagni e già sente la mancanza delle risate del Taran, degli scherzi dell’Angelo e delle voci e dei lamenti di tutti gli amici che ha incontrato in tutti questi anni.
Poi guarda avanti , rivede il campanile e riprende la sua strada verso casa.
Ad un tratto si ferma , si toglie di dosso lo zaino, si appoggia ad un muro.
Dentro di sé un’esplosione di rabbia , quasi insopportabile.
Gli hanno rubato la giovinezza e solo ora se ne accorge veramente,ora che il suo paese sembra accoglierlo da lontano.
Ricaccia indietro la bestemmia che gli stava nascendo sulle labbra, tocca la tasca laterale dello zaino prima di rimetterselo per accertarsi che il suo diario sia lì e riprende a camminare a passo svelto.

L’idea di scrivere un diario era nata per puro istinto di sopravvivenza; a cosa si può attaccare un ragazzo di diciannove anni che parte per la guerra sapendo che potrebbe morire?
Lui si era attaccato alle parole, a quell’arte in cui era stato sempre così bravo da meritare gli elogi della maestra e da spingere la madre, donna semplice ma intelligente, a tenerlo in casa il giorno dell’esame di quinta elementare per farlo bocciare.
Sì sì , proprio per farlo bocciare! Si era messa d’accordo con la maestra.
Il destino di Enrico era quello di cominciare a lavorare nei campi a undici anni, come tutti gli altri ragazzi; bocciarlo avrebbe significato farlo studiare ancora per un anno.
La mamma aveva portato un salame intero alla maestra per convincerla a bocciare il suo migliore allievo .
Enrico sorrideva tra sé e sé : non vedeva l’ora di riabbracciare mamma Ersilia.





Natale 1940

Proprio oggi, proprio il giorno di Natale , ho ricevuto la maledetta cartolina e mi devo presentare al distretto – destinazione Venaria Reale, Torino.

Sento una rabbia terribile dentro-io con questa guerra non c'entro niente, non mi appartiene, così come non appartiene alle altre migliaia di ragazzi, sì perchè siamo tutti ragazzi, che in questo momento stiamo partendo o siamo già al fronte.


Non so quanto resterò via di casa , ma la sensazione è che la mia giovinezza stia partendo insieme al treno che mi porta a Torino...



Enrico è arrivato in centro a Varedo: è quasi mezzogiorno e le strade sono vuote: sono tutti a pranzo.
Arriva in fondo a Via Madonnina e davanti a lui vede la grande chiesa parrocchiale. Sul muro che la divide dalla villa Medici c’è qualche manifesto strappato, che viene mosso da un leggero venticello.
Il ragazzo rimane qualche istante ad osservare quelle scritte come ipnotizzato.
Legge e rilegge nella sua mente i titoli dei manifesti e subito se li dimentica e deve tornare a leggerli.
Tutto gli appare irreale, lontano.
E' già tornato qualche volta in licenza a casa, ma era sempre stato tutto provvisorio, qualche giorno e poi via di nuovo al fronte.
Adesso sarà per sempre, adesso la vita ricomincia e qui sembra che la guerra non sia neppure passata.
A ben pensarci sembra tutto un sogno.

Enrico si ferma in piazza della chiesa, si accenda una sigaretta e tergiversa.
Da una parte non vede l'ora di essere a casa, dall'altra ha una grande confusione in testa; cosa lo aspetta? Cosa farà adesso senza i suoi amici? E soprattutto dove va a riprendere quegli anni che non ha vissuto?

Ho saputo che il mio amico Pasquale è a Novara.

Mi manca la sua amicizia, mi mancano le risate anche se qui , a Manduria , ho trovato molti altri amici.

Due in particolare sono particolarmente simpatici: l'Angelo e il Giuseppe, chiamato Taran.

Con loro mi sono fatto già qualche giorno di prigione a causa di una sbornia impressionante.

Qui la vita è dura e quando si può ci si sfoga un po’.

La cosa più memorabile è stata la settimana di licenza del comandante all'inizio di Novembre.

Via il gatto i topi ballano”-ed in effetti abbiamo trascorso una settimana da cuccagna: baldoria fino alle prime luci dell'alba, grandi cene con gli ufficiali, innaffiate da grandi quantità  di vino, giochi e risate.





(fine prima parte)

racconto di Luciana Figini

Un Pizzico di Follia

Un pizzico di follia, di musica e di poesia in un freddo pomeriggio di Novembre...






Se io avessi un mondo come piace a me, là tutto sarebbe assurdo: niente sarebbe com'è, perché tutto sarebbe come non è, e viceversa! Ciò che è, non sarebbe e ciò che non è, sarebbe! (Alice)








E ti sarai accorta che in fondo sono mezzo svanito anch'io! (Stregatto)









Serratura: Oh, mi dispiace, sei troppo grossa, proprio Impassabile.
Alice: Vuoi dire Impossibile.
Serratura: No, Impassabile. Nulla è impossibile. 









Stregatto: Se io cercassi il Bianconiglio lo chiederei al Cappellaio Matto!
Alice: Al Cappellaio Matto? Oh, no, no! Io no.
Stregatto: Oppure alla Lepre Marzolina, in quella direzione!
Alice: Oh, grazie! Credo che lo chiederò a lui!
Stregatto: Però guarda che gli mancan diversi venerdì!
Alice: Oh, ma io non voglio andare in mezzo ai matti!
Stregatto: Oh, non puoi farci niente! Sono quasi tutti matti, qui!








Un Buon Non Compleanno 

Noi tutti abbiam un compleanno ogni anno
Ed uno solo all'anno, ahimè, ce n'è
Ah, ma ci son trecensessantaquattro non compleanni
E quelli preferiamo festeggiar
Ma allora oggi è anche il mio non compleanno!
Davvero?! Com'è piccolo il mondo!
In tal caso... Un buon non compleanno A me? A te!
Un buon non compleanno A me? A te!
Or spegni le candele e rallegrati perché...
... un buon non compleanno aaaaaaaaaaaaa te!!!


( Tutti i testi sono tratti da " Alice nel Paese delle Meraviglie ) di L.Carroll 





domenica 3 novembre 2013

Leggerezza


(...) A volte penso che staremmo meglio se fossimo semi di soffione: 
niente famiglia, niente storia, liberi di volare nel mondo, 
ciascuno nel proprio batuffolo di lanugine. (...)

- Sophie Kinsella -






L’ albero del cotone

La strada
ne è disseminata;
dal cielo
ne piovono
enormi fiocchi;
sul pioppo
bambagia a grappoli

Mentre una farfalla curiosa
si posa sulle mie ginocchia
per sgranchirsi le ali
i semi del pioppo
avvolti
da morbido cotone
cadono
tutto intorno a me …

…come loro
vorrei essere
morbida e alata
senza nessuna percezione
del mio essere

- Luciana Figini - 



Meno Tecnologia nell'Epoca tecnologica

Quando sento parlare dell'uso delle "nuove tecnologie" a scuola a volte mi viene da sorridere, altre volte mi deprimo.
Per chi non lavora all'interno delle scuole sembra che ormai tutto viaggi via Internet, via tablet e via Google.
Ovviamente la situazione è ben diversa.
Prima di tutto manca la "materia prima"come computer decenti ed in numero sufficiente per tutti gli studenti e connessioni affidabili.
La verità è che i mezzi che abbiamo a disposizione sono scarsissimi e che i pochi esempi di reale innovazione sono solo merito di alcuni colleghi in gambissima ( io non sono tra di loro ) che passano tanto del loro tempo , quasi sempre volontariamente, a cercare di tirare fuori nuove soluzioni e nuovi modi di fare lezione utilizzando quasi sempre tecnologie già vecchie.
Io li ammiro davvero tantissimo; sono dei maghi che tirano fuori il coniglio dal cappello, sono dei professionisti che fanno dei miracoli con computer che farebbero ridere qualunque impiegato di qualunque ditta media.




Per chi , come me, è tecnologicamente un pò ignorante, non resta che arrangiarsi e fare del proprio meglio, ma ecco che il coniglio dal cappello salta fuori davvero!
Facendo due conti molto semplici si può scoprire che, almeno noi docenti di lingue, eravamo molto più "tecnologizzati" dieci anni fa che oggi.
Seguitemi:
- dieci anni fa avevamo, appunto, dieci anni in meno e quindi molta più grinta e voglia di imparare; l'età media degli insegnanti oggi va dai 50 ai 60; comprensibilmente la stanchezza comincia a farsi sentire...oddio poveri studenti che tra cinque, sei anni avranno in classe una generazione di nonni!
- dieci anni fa il numero di studenti per classe variava dai 20 ai 25; oggi la media è 28/30/32 e a volte non c'è posto per tutti nei laboratori...ergo spesso si rinuncia...
- dieci anni fa il numero di ore di lingue per classe era mediamente 4, in certi istituti tecnici 5, quindi avevamo il tempo per fare lezione, interrogare e andare in laboratorio linguistico almeno una volta ogni dieci giorni e quindi vedere dei film in lingua, fare gli esercizi di ascolto,di conversazione, vedere dei pezzi di notiziari della BBC o della CNN, ascoltare le canzoni ecc...
Oggi, con 3 misere ore a settimana ( in alcuni istituti due ) e con le classi ridotte a pollai abbiamo appena il tempo per far lezione, interrogare alla belle e meglio e fare qualche verifica...ergo il tempo per andare in laboratorio linguistico non c'è...e ognuno di noi ha più classi che in passato; insomma una marea tale di facce che si fa fatica davvero a ricordare i nomi degli studenti!



Noi insegnanti di lingue siamo stati spesso dei precursori a livello tecnologico; i registratori, i laboratori linguistici, i film in lingua straniera, sono tutti supporti che la maggior parte di noi usa fin dagli anni ottanta e che poi sono stati via via sostituiti dai DVD, dai CD ROM, da Google e da Youtube.
Ricordo quando preparavo gli esercizi di ascolto utilizzandi i testi delle canzoni oppure registravo dei pezzi di notiziari della BBC da far vedere in classe.
I nostri libri, sia di lingua che di letteratura, sono da sempre corredati da CD di ascolto e, prima ancora, da musicassette con le registrazioni degli esercizi o dei brani di letteratura.
Era il 1989 quando feci ascoltare ai miei studenti la registrazione di un brano del "Julius Caesar" di William Shakespeare interpretato da veri attori inglesi, il brano dove Marco Antonio parla alla folla in delirio; era stato emozionantissimo, sia per me che per i ragazzi.
Ma allora c'era il tempo per fare tante cose e le classi, almeno nel triennio, erano poco numerose e quindi gestibili.
Il paradosso è proprio questo; nell'era della tanto decantata tecnologia non c'è più il tempo sufficiente per usarla!
Che qualcuno me lo spieghi, se è capace: come fanno degli insegnanti anziani, con molte più classi e molti più studenti di una volta ma con molte meno ore per classe ad innovare la scuola italiana?
Se c'è un mago nei dintorni che è capace di fare questo trucco dovrebbe venire a spiegarmelo!
...magari me lo potrebbe spiegare la Gelmini!