giovedì 19 marzo 2015

Alla Ricerca delle Radici - Quarta Parte

E' difficile immaginarsi delle palafitte insediate nelle acque del Seveso, ma è esattamente quello che si poteva vedere circa 4-5000 anni fa a Varedo.
Il Seveso allora si allargava in un'ampia palude inondando l'attuale area della Snia.
Come dice sempre il Merati fu proprio durante uno scavo nel 1972 sull'area della Snia, vicino alle acque del Seveso, che vennero ritrovati resti di palafitte, arnesi in selce, vasi, ciotole e altri oggetti appartenenti ai primi abitanti di Varedo, i liguri, che erano una popolazione di origine indoeuropea.



Palafitte

Pensare al Seveso come poteva essere allora, senza argini e abitato da queste popolazioni primitive è davvero incredibile; cercare di immaginare come queste persone vivessero è affascinante.

Ho sempre considerato il Seveso solo come una fogna.
Quando eravamo piccoli ci giocavamo quasi tutti i giorni, sulle sponde di questa fogna: le rive erano ricoperte da una melma grigiastra, l'acqua cambiava di colore ogni giorno, a seconda del tipo di scarichi.
Ricordo che ci divertivamo a guardare il tubo di scarico che proveniva dalla Snia e a cercare di indovinare il colore che avrebbe avuto: a volte il colore delle acque di scarico era nero, altre volte era verde, arancione, giallo.
Non c'erano animali di nessun genere nel fiume: penso che anche i topi facessero fatica a sopravvivere in quelle condizioni.
Ogni tanto nei giardini attigui si trovava qualche ratto enorme; una volta ne scacciai uno con il getto della canna per annaffiare il giardino, era grande come una marmotta.
Dicevo prima che vicino al Seveso ci giocavamo e nessuno aveva niente da dire: come era possibile?
No, non avevamo dei genitori irresponsabili: semplicemente allora le cose erano così.
Si accettava la puzza e l'inquinamento spaventoso della Snia, si accettava l'inquinamento del Seveso, erano cose ritenute normali, così come era ritenuto normale che dei bambini mettessero le mani nel fango grigio e puzzolente del Seveso.
Sulla Snia qualche anno fa scrissi un articoletto, che vi invito a leggere, nel quale cerco di spiegare questa mentalità:
 http://luciana-unviaggioimmobile.blogspot.it/search/label/Snia%20di%20Varedo.


Il Fiume Seveso

Adesso il Seveso è diverso: certo, la sua acqua non si può certo bere, ma sta lentamente ridiventando pulita.
Lungo il suo corso si trovano a volte delle famiglie di papere e ultimamente è stata avvistata una coppia di aironi ( giuro! Ne ho visto uno con i miei occhi! ).
Oggi, con un pò di fantasia, si potrebbe davvero immaginare il villaggio di palafitte dei liguri.
A proposito: che fine hanno fatto tutti i reperti archeologici trovati sulle aree Snia nel 1972?
Lo racconta sempre il Merati e non è una storia allegra:

Per quanto riguarda il materiale rinvenuto fu sistemato in un locale fornito di scaffali a vetro che la Snia aveva precedentemente approntato per riporvi altri reperti del periodo romano che erano venuti alla luce nella stessa area.
Purtroppo, con lo smembramento dello stabilimento, tutto quel prezioso materiale venne asportato.

Asportato? Sì, è un modo elegante per dire che venne disperso, distrutto, buttato via!
Pensate siano gli unici reperti storici buttati via o distrutti a Varedo?
Aspettate che vi parli dei Romani e dei Longobardi e poi riprendiamo il discorso...
...comincio a capire perchè ho sempre avuto l'impressione di vivere in un paese che non ama il proprio passato...alla prossima puntata...


domenica 15 marzo 2015

Alla Ricerca delle Radici - Terza Parte


Circa due milioni di anni fa la pianura Padana era interamente occupata dal mare.
Anche Varedo, come tutto il resto della Lombardia e di gran parte delle regioni vicine faceva parte di quel vasto golfo naturale che è il Mar Adriatico.

Mi fa un pò impressione leggere queste prime righe del libro di Mario Merati  "Varedo".
Guardo fuori dalla mia finestra e cerco di immaginare tutto questo mare di cemento e di asfalto trasformato in un mare vero, come nel Pliocene.

Queste zone si sono trasformate da paesi contadini a paesi industriali in pochi anni e poi le grandi fabbriche della Brianza hanno lentamente chiuso una dopo l'altra: la Snia Viscosa, la Tonolli, l'Acna, l'Induma e la maledetta Icmesa.
Il cemento e l'asfalto hanno lentamente ma inesorabilmente divorato tutto il verde e tutti i campi disponibili, ma ora, dove è possibile, ci riprendiamo qualche spazio verde, come la pista ciclabile del Canale Villoresi, come il Viale della Villa Bagatti o il parco del Grugno Torto...corsi e ricorsi...

Perchè queste riflessioni forse un pò retoriche?
Nel 1978 in zona Valera di Varedo, durante una trivellazione, furono portate alla luce parecchie conchiglie fossili della classe dei Gasteropodi, che come dice sempre il Merati -  sono organismi di chiara natura marina ancora attuali e reperibili nella medesima struttura lungo le rive dell'Adriatico -


Conchiglie fossili ritrovate alla Valera

Ecco, prima o poi anche noi faremo la stessa fine delle conchiglie; forse ci sarà un maremoto o un terremoto o chissà quale catastrofe in un futuro lontano, quando avremo già smesso di esistere da un pezzo e così anche noi lentamente diventeremo dei fossili.
Che divertimento, pensate: magari tra un milione di anni, sempre che la Terra esista ancora, un altro essere vivente e pensante troverà il mio scheletro fossilizzato in fondo a Via Madonnina e si chiederà a cosa diavolo servisse quell'apparecchio ormai distrutto dal tempo con una tastiera ed uno schermo.
...Follie della mente in una sera di metà marzo!
Ma continuiamo e arriviamo al periodo delle grande glaciazioni.




Sempre Merati racconta delle grandi glaciazioni, che si alternarono per millenni e che, ovviamente, interessarono anche la Lombardia:

Allo sciogliersi dei ghiacciai i fiumi, i torrenti e gli effetti delle diluvioni invasero le valli alpine per sfociare in pianura , trascinando lungo il loro percorso enormi quantità di detriti che valsero a colmare l'ampio golfo marino, fino a formare la pianura Padana.

E' durante questo periodo di disgelo che il Seveso scorre impetuoso anche attraverso Varedo, trasportando detriti ovunque.
Il letto del Seveso allora era ovviamente molto più largo di quanto ci si possa immaginare e le pietre tipiche del letto di un grande fiume si possono ancora oggi ritrovare sotto le nostre case.
Ricordo mia nonna che mi portava con sè nell'orto quando ero ancora piccola per assistere alla raccolta delle patate.
Si affondava una forca nel terreno e con quella si faceva leva: ecco apparire come per miracolo delle belle e grosse patate e... un sacco di grossi e lisci ciottoloni di fiume!
Anche quando costruimmo sopra mia madre e facemmo fortificare le fondamenta della casa vennero fuori dal terreno questi strani e lisci ciottoloni.

Quindi, esattamente sotto casa mia a quei tempi scorreva un immenso e vorticoso fiume!
E poi vennero le palafitte, ma questa è un'altra puntata...




sabato 7 marzo 2015

Alla ricerca delle Radici - Seconda Parte

Arrivo alla biblioteca di Varedo e subito c'è una sorpresa; è intitolata alla mia ex insegnante di Lettere delle scuole medie, poi diventata preside ed in seguito morta in età ancora relativamente giovane, la professoressa Maria Teresa Carugati.
La temevamo tutti allora e spesso era molto severa, ma quello che ho imparato da lei mi ha spesso salvato durante il mio duro percorso liceale.
Ci metteva una grande passione quando spiegava Manzoni o Omero e questo mi è rimasto dentro e mi ha arricchito.
Lo so, sono una varedese che non frequenta molto Varedo e quindi può darsi che la biblioteca sia sempre stata intitolata a lei, ma io lo scopro per la prima volta.
Entro e vedo che l'ambiente non è così male.

Chiedo un libro sulla storia di Varedo e mi viene dato il libro "Varedo" di Mario Merati, il nostro grande concittadino, che ha cercato per tutta la sua vita di valorizzare la storia e la cultura di Varedo.







A casa comincio a scorrere le pagine dedicate alla storia antica di Varedo ed ecco che ritrovo  la mia colonna.

Merati conferma che fu eretta verso il 1647 e che venne innalzata a memoria di un'antica chiesa fondata dai Longobardi e da loro dedicata a S. Michele.
La pietra alla sua base è stata sicuramante riutilizzata, perchè è più antica della colonna.
Su questa pietra si riesce ancora a vedere un bassorilievo con delle figure geometriche forse di carattere simbolico, purtroppo ormai non più comprensibili.
Merati dice che la fotografò molti anni fa e poi la sottopose alla Sovrintendenza delle Antichità, che la ritenne un'antica ara votiva quasi sicuramente di origine celtica.

Accidenti, magari sono una discendente dei Celti! Gli occhi azzurri ce li ho, la carnagione pallida anche e, tanti anni fa, avevo anche i capelli neri!

Scherzi a parte piano piano mi faccio prendere dal libro e scopro che di storia a Varedo ce n'è davvero tanta, non solo quella legata alla colonna misteriosa.
Di reperti a Varedo ne sono stati trovati tantissimi, a partire dalle conchiglie fossili trovate alla Valera negli anni settanta...

... il viaggio continua...!