Sono passata sopra le aree Snia
percorrendo in bicicletta la pista ciclabile che costeggia il canale
Villoresi: all'altezza delle rotaie delle Ferrovie Nord c'è un ponte
che ci passa sopra e da lì si può vedere l'estensione di quella che
una volta era una delle più grandi fabbriche della Lombardia .
Qualche anno fa qualcuno aveva
prospettato il riutilizzo di queste aree; chi parlava di nuovi
palazzi e di nuovi centri commerciali (oh, che novità!), chi di
farne un enorme centro della moda ecc. ecc.
La crisi ha bloccato tutto, anche i
progetti sulle ex aree Snia e forse, almeno in questo caso, non
tutti i mali vengono per nuocere.
Di anno in anno le zone intorno alla
vecchia fabbrica si stanno coprendo di boschetti sempre più fitti.
Forse con il passare del tempo tutto
crollerà e la vegetazione avrà la meglio su tutto.
Di poche cose ho fiducia nella vita.
Una di queste è la potenza della
natura.
Se anche riusciremo a distruggere tutto
il pianeta sono sicura che almeno una pianta, un'erba, un essere
vivente riuscirà a sopravvivere e la natura riprenderà il
predominio sulla Terra.
Per il momento siamo noi a pensare di
averne il predominio, anche se i dubbi a proposito si fanno sempre
più numerosi.
La Snia Viscosa appartiene ad un
periodo storico in cui l'uomo di razza nordico-lombarda pensava
davvero di essere il padrone di tutto.
Della natura , ma anche dei suoi
simili, se ne fregava bellamente.
Durante gli anni sessanta-settanta
dalle ciminiere della Snia usciva di tutto e nessuno aveva niente da
dire.
I suoi fumi ammorbavano l'aria, i suoi
liquami distruggevano il fiume Seveso e nessuno aveva niente da dire.
I residui di zolfo, messi all'esterno
della fabbrica, si alzavano in volo con il vento colorando l'aria di
rosso e nessuno aveva niente da dire.
Il Dio
lavoro-produzione-soldi-industrializzazione imperava ed era
comprensibile: dopo anni di fame, guerra e disgrazie la gente aveva
solo voglia di guadagnare, farsi la casa, avere il televisore e la
lavatrice, mandare in giro i propri figli finalmente con vestiti
decenti, mangiare tutti i giorni.
Era tutto semplice e comprensibile:
nessuno si lamentava dell'inquinamento e della puzza, nessuno
reclamava se gli impianti andavano giorno e notte con un frastuono
terrificante.
La Snia portava lavoro e soldi.
Ogni tanto si sentiva parlare di
qualcuno che moriva di cancro o di qualche altra malattia, ma non ci
si faceva caso.
Per le centinaia di famiglie varedesi e
per tutti gli immigrati che lavoravano negli impianti la fabbrica era
solo una benedizione.
Non importava che le ciminiere non
smettessero un minuto di eruttare veleni nell'aria o che il fiume
Seveso diventasse una cloaca a cielo aperto per gli scarichi
multicolori della fabbrica.
Non importava neppure che noi bambini
ci giocassimo, sulle rive di quel fiume avvelenato, dove neppure i
topi sopravvivevano.
Chi arrivava da Milano in treno si
accorgeva immediatamente di essere a Varedo dalla puzza mefitica che
proveniva dalla fabbrica.
Eppure noi di Varedo in qualche modo
cercavamo persino di difenderla, dicendo che a Milano si viveva
comunque peggio, o che a Pero la puzza era peggiore di quella.
Un amico che una notte mi accompagnò a
casa dopo una serata in discoteca rimase atterrito dal rumore e dalla
puzza della Snia.
Eppure io me ne accorgevo a malapena.
La fabbrica ha avuto, nel bene e nel
male, un ruolo importantissimo per Varedo.
Centinaia di meridionali sono venuti a
lavorare nella Snia e hanno abitato nei casermoni costruiti per
accoglierli.
Per anni la convivenza è stata
difficile, ma poi, a poco , a poco, come era successo prima ai veneti
e ai friulani, i meridionali si sono integrati ed hanno portato idee
e abitudini nuove, che hanno cambiato il paese ed hanno contribuito a
rinnovarlo.
Adesso ogni sera mi affaccio al mio balcone e
scruto le ciminiere della Snia: controllo la vegetazione tutta
intorno e mi accorgo di come si sta estendendo, seguo il volo degli
uccelli, mai così numerosi come in questo periodo e faccio qualche
fotografia, soprattutto al tramonto , quando il sole muore dietro
alle vecchie ciminiere e illumina tutto il cielo.
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