venerdì 14 dicembre 2012

Una bella Bigiata e i Jefferson Airplane


Era una mattina tiepida di aprile del 1976 e, come ogni giorno, ero sul mio trenino delle Ferrovie Nord diretta a scuola.
Pensavo e ripensavo a tante cose: entro pochi mesi la mia carriera da liceale sarebbe terminata con gli esami di maturità... e non avevo mai bigiato una sola volta in cinque anni!

Che ci crediate o no sono sempre stata una studentessa modello e le uniche volte in cui non sono andata a scuola sono state per motivi di  salute o per qualche assemblea o manifestazione.
L'idea di bigiare non mi era mai passata per la mente, ma quella mattina mi sentivo, come dire, "strana", come quando si vuole rimanere da soli e non si ha nessuna voglia di parlare, di partecipare, di condividere.
Arrivata a Milano mi ero fermata a fare colazione nel bar che una volta era all'interno della stazione Nord, avevo comprato un giornale (allora era sempre " Il Manifesto " o, quando usciva, " Il Quotidiano dei Lavoratori" )  e mi ero rifugiata nella sala d'aspetto.
Sì, all'epoca esistevano addirittura 2 sale d'aspetto alla Stazione Nord, ed erano entrambe riscaldate.
A volte  ti poteva capitare di condividere il posto a sedere con un senzatetto che si voleva addormentare al caldo, ma non era un gran problema allora.
Forse eravamo più semplici d'animo o forse eravamo più adattabili, fatto sta che in quelle sale d'aspetto c'era posto proprio per tutti.
Oggi, siccome siamo più moderni, le sale d'aspetto alla Stazione Nord sono state abolite e così chi aspetta il treno può solo morire di freddo in inverno e crepare di caldo in estate...e al diavolo i senzatetto!




Dove ero arrivata? Ah, sì , la sala d'aspetto.
Beh, dopo un pò che ero lì si erano fatte le nove, quindi...avevo ufficialmente bigiato la scuola!
Dove potevo andare? Pensa che ti ripensa decido di prendere l'autobus fino alla Biblioteca Sormani.
Che fantasia, direte voi, saltare la scuola per andare in biblioteca!
Dovete sapere che all'epoca alla Biblioteca Sormani c'era una sala chiamata "Fonoteca", un locale dove c'erano diversi giradischi messi su dei tavolini.
Davanti ad ogni tavolino c'erano una sedia ed un paio di cuffie.
Così come si potevano prendere dei libri in prestito era possibile ascoltare dei dischi,ma questi, a differenza dei libri, non si potevano portare a casa ( chi mai li avrebbe riportati in bibilioteca ? ).
Fu durante quella mattinata che scoprii i Jefferson Airplane.
Ne avevo sentito parlare da amici, ma non li conoscevo.
Sapevo soltanto che erano un gruppo americano e che la cantante era una donna dalla voce formidabile: la grandissima Grace Slick.


Grace Slick

Mentre ascoltavo le loro canzoni mi misi a leggere alcuni passi di un libretto sulla musica pop/rock degli anni 70 che mi ero comprata alle Messaggerie Musicali.
I Jefferson Airplane erano una formazione americana nata negli anni 60.
Avevano rappresentato la quintessenza dell'acid-blues americano e in seguito erano diventati uno degli emblemi della musica rock e del movimento hippie.
Il gruppo era conosciuto soprattutto per il cambiamento continuo di indirizzo musicale e per la voce incredibile di Grace.    
Uno dei primi pezzi che ascoltai fu "Have you seen the Saucers?" (" Hai visto i Dischi volanti"?) , una canzone di protesta contro le politiche governative americane e contro la distruzione del pianeta.







"...have a care for the needs of your planet
catch the dawn that once was there
first-born atomic generation
open the door, don't you know what it's for
come and join us on the other side of the sun..."





I Jefferson Airplane


Più ascoltavo e più leggevo, più leggevo e più volevo ascoltare.
Le tematiche che i Jefferson trattavano erano le tematiche di cui si parlava spesso tra di noi: erano il rifiuto della guerra, la speranza nel cambiamento, il tentativo di vivere in modo diverso.
Grace era stata fondamentale per il successo dei Jefferson Airplane: possedeva una voce da contralto, potente, flessibile e si trovava perfettamente a suo agio con la musica psichedelica del gruppo.
Inoltre era affascinante e la sua dinamicità sul palco incrementò fortemente l'impatto delle performance live del gruppo.
Eccola durante il festival di Woodstock mentre canta uno dei pezzi più famosi dei Jefferson: "Somebody to Love"  







Ero felice quella mattina: il gusto di avere bigiato, il senso di protezione che mi dava stare in quella biblioteca , la scoperta di un gruppo musicale formidabile: era davvero una bellissima sensazione.
Il pezzo dei Jefferson che più mi emozionò fu "Volunteers of America": parlava delle lotte studentesche, della ribellione contro la guerra in Vietnam, parlava della volontà e della voglia di cambiare la società e di renderla più giusta e pacifica...insomma parlava di noi e delle nostre idee!






Ho ripensato tante volte a questa canzone e a tutti gli ideali di allora.
Il mondo putroppo non è cambiato: le guerre ci sono ancora, l'ingiustizia c'è ancora e  forse queste cose non spariranno mai.
Ma allora a questi cambiamenti ci credevamo davvero...




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