lunedì 24 agosto 2015

Un Sogno gotico

Ero in ritardo, terribilmente in ritardo: dovevo prendere assolutamente quel treno, ma mi ero attardata troppo in centro a fare compere e a gironzolare senza meta.
Adesso dovevo correre.
Ero scesa dal tram e mi ero avviata alla stazione a passi decisi; faceva caldo, anche se era sera inoltrata.
Guardai l'orologio: le 19,30 - era tardissimo !
C'era un bel pezzo di strada dalla fermata del tram alla stazione e, mentre mi affrettavo a grandi passi, già pensavo alla strigliata che mi avrebbe dato mia madre nel vedermi rientrare così tardi.

Che strana sensazione: mi pareva che il pezzo di strada fino alla stazione fosse più lungo del solito...
Le luci dei negozi e dei bar si andavano spegnendo a poco a poco ( già a quest'ora? ) e centinaia di persone si affrettavano verso casa.
Non riuscivo a vederle in viso: chi aveva un cappello che gli copriva la faccia, chi andava troppo in fretta per riuscire ad osservarlo, chi ( ma era un pensiero assurdo ) sembrare voltare deliberatamente la faccia dall'altra parte appena mi incrociava.

In meno di dieci minuti tutto era vuoto e silenzio.
Ed io non ero ancora arrivata alla stazione.
Ma quando finiva questa strada?

Improvvisamente cominciò a fare freddo, come se fosse arrivato già l'autunno.
I sandali mi facevano male ai piedi.
Iniziò a piovere, leggermente.
In pochi minuti mi ritrovai initirizzita e completamente bagnata da capo a piedi.
La fibbia di un sandalo si era rotta e, del resto, non riuscivo più a portarli.
Così me li tolsi e li tenni in mano.
Cominciai a camminare scalza nell'acqua e nel fango.

Finalmente da lontano vidi le luci della stazione; mi scappò l'occhio sull'orologio del piazzale antistante: le dieci!
Pazzesco, non poteva essere!
Era da due ore e mezzo ore che camminavo!
Ma come era potuto succedere?
Mi lasciai andare, esausta, su di una panchina: l'ultimo treno partiva tra un quarto d'ora, potevo riposare un pò.  

Notai che nella stazione non c'era anima viva: solo io.
Anche le biglietterie erano già chiuse da un pezzo.
Neppure un bar dove poter bere qualcosa di caldo, qualcosa che mi rincuorasse...ma che diavolo stava succedendo?
Guardai il tabellone degli orari: annunciava il mio treno.
Sospirai e mi rialzai faticosamente: almeno quello lo avrei preso sicuramente.

Mentre mi avviavo al binario notai una strana figura che si aggirava nella stazione: un tipo alto, dinoccolato, vestito di rosso, capelli neri, valigetta e viso pallidissimo, quasi bianco.
Mi avvicinai per chiedergli conferma del binario, ma improvvisamente il tipo sparì, senza neppure darmi il tempo di rivolgergli la parola.
Riapparve dieto di me, sogghignando divertito.
mi fissò in viso e scomparve di nuovo.

Ero confusa ed incapace di reagire: avevo la netta sensazione di conoscerlo...
Riapparve vicino al chiosco dei giornali e mi fece un cenno perchè lo seguissi.
Non so perchè lo feci, ma gli andai dietro.
Il tipo continuava a sghignazzare e prendersi gioco di me, sparendo e riapparendo continuamente.
Era chiaro che, alla sua maniera, mi stava accompagnando al treno.

La stazione era umida e sporca ed un vento freddo soffiava tra i treni in attesa.
Ero sconcertata eppure stranamente attratta da quel tipo bislacco.

Non feci in tempo a continuare nelle mie meditazioni: un urlo spaventoso, proveniente dall'ingresso della stazione, mi gelò.
Mi affrettai verso il treno, correndo.
L'urlo si ripetè, molto vicino.
Qualunque cosa fosse sentivo che stava inseguendo proprio me.
Inciampai in qualcosa, mi rialzai facendo cadere parte dei pacchetti che avevo con me.

Dovevo correre.

Raggiunsi finalmente il treno: il tipo bislacco era sparito e l'urlo era cessato.
Ero sporca, stracciata e piangente di paura...
Mi rincuorai un pò vedendo che il treno era pieno: qualcuno mi avrebbe aiutato.
( Ma come mai la stazione era vuota ed il treno era pieno? )
Osservai i passeggeri affacciati ad un finestrino...e all'improvviso capii...

Erano immobili, come immobili erano tutte le altre persone sedute nei vari vagoni.
Tutti bianchi in viso, apparentemente sereni...sereni nella loro quiete eterna!
Mi sembrava di impazzire: urlai, urlai come una pazza.
Dov'ero? Chi ero? Cosa mi era successo?

La risposta alle mie domande venne quasi subito, quando, voltandomi di nuovo verso un finestrino MI VIDI, affacciata, immobile, con una sigaretta in mano e lo sguardo fisso nel vuoto...

- Luciana Figini - ( scritto probabilmente verso la metà degli anni 70 )






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