lunedì 29 settembre 2014

La Consistenza dei Sogni

Quando ripenso a certe periodi che ho attraversato durante la mia vita quasi non mi sembrano più veri.
Senza accorgertene anni passano, mode cambiano, modi di vivere e di pensare mutano e tu ti ritrovi con un bel fardello di anni sul groppone e con la sensazione che certi ricordi, certe atmosfere abbiano ormai la consistenza dei sogni.
Ma come ?-  ti domandi - sembrava ieri ed è già passato, anzi trapassato.
Ne parlavi ridendo agli amici giusto l'altro ieri e adesso se ne parli a qualcuno che è fuori dalla stretta cerchia degli amici che ti sono rimasti ti guardano increduli, convinti che tu gli stia raccontando una solenne panzana.
Raccontare oggi di certe atmosfere degli anni settanta o ottanta è davvero complicato.
Vi ricordate dei punk? Vi ricordate delle comuni? Vi ricordate i sogni, gli ideali, ma anche le assurdità di quegli anni?
Allora sembrava facile cambiare il mondo, ma atrettanto facile era credere in cose improponibili.
Eccovi un piccolo pezzo di vita vissuta: Berlino, inizi anni 80: un piccolo pezzetto di bellezza e di assurdità direttamente da quegli anni...




Berlino, 2 Febbraio 1980



La nostra amica Irmi ci ha invitato per un tè pomeridiano nella comune dove vive, nel quartiere di Kreuzberg..

Qui un gruppo di ragazze, alcune con figli, vivono insieme e condividono tutto.

C’è chi si occupa della casa, chi del lavaggio e della manutenzione dei vestiti (che sono di tutte).

Chi va a lavorare nell’asilo autogestito direttamente dalle ragazze della comune, chi rimane a casa a curare i bambini.

Al piano superiore c’è un'altra comune, questa volta di soli ragazzi, anche loro organizzatissimi, alla tedesca insomma.

Durante il giorno c’è un vai e vieni continuo di gente.

In mezzo alla sala c’è un grande tavolo rotondo , sempre pieno di teiere, di caffettiere, di dolci, biscotti e bevande.

I due appartamenti, come racconta un punk alto due metri e munito di enorme cresta multicolore e di spilla da balia nel labbro, sono stati occupati abusivamente.

Qui a Berlino la polizia lascia fare: qui e là c’è qualche scontro ma c’è come un tacito accordo ed è così che centinaia di ragazzi sono arrivati qui e si sono sistemati nei palazzi fatiscenti del vecchio quartiere di Kreuzberg.

Inge, una bella ragazza con un pancione enorme, mi dice che lo fanno per far passare Berlino Ovest come il paese della Cuccagna.
Qui la vita notturna non finisce mai, i ragazzi che vi risiedono non fanno il militare ed ogni forma di convivenza è tollerata.

Ci racconta che c’è un gruppo di persone che, poco lontano, da qui, ha deciso di vivere in una casa con le pareti di vetro, così chiunque passa può vedere cosa succede dentro.

Mi racconta anche che a giorni partorirà: le chiedo in quale ospedale.

Lei e Irmi sorridono.

“Qui nessuna di noi partorisce in ospedale; facciamo tutto a casa, è più naturale, è più umano”- mi spiega

“E se succede qualcosa? Se qualcosa va storto?” chiedo io

“Ci sarà un’ambulanza sotto casa ad aspettare; se dovesse esserci qualche complicazione in cinque minuti siamo in ospedale” mi dice.

Sono proprio tedeschi: parto naturale ma nessun rischio, è una cosa ragionevole.

Inge mi spiega che tutte parteciperanno al parto e che tutto verrà fotografato da una delle compagne.

Stupidamente le chiedo chi è il padre.

Ridono tutte e due di gusto. “Ich weiss es nicht!” “Non lo so “, dice Inge continuando a ridere.

Ben mi sta: che domanda cretina da fare in un posto dove il bagno non ha la porta e dove una tipa nuda sta suonando il sassofono in fondo al soggiorno!





Il giorno dopo siamo di nuovo da Irmi: è contenta di vederci, ci chiede cosa abbiamo visto di Berlino, come ci troviamo alla pensione, cosa ne pensiamo del Muro.

E’ impressionante vedere Berlino Est dalla Porta di Brandeburgo di sera: di qua un rumore continuo, la colonna sonora della Berlino Paese della Cuccagna.

Di là silenzio assoluto, interrotto qua e là da qualche rumore di auto o di rari passanti.

Irmi ci invita a sederci al solito tavolo rotondo e ci offre dei nuovi biscotti.

Ci spiega che all’interno contengono una piccola percentuale di pasta di hashish o, qualcosa del genere.

Sorrido e prendo i biscotti di un altro vassoio.

Mentre stiamo allegramente parlando e facendo merenda lo sguardo cade su alcune fotografie appese alla parete.

All’inizio non capisco, poi rimango sbalordita, con il boccone che non va né su né giù.



Attaccate su tutta la parete le foto del parto di Inge.

La scena è vista sotto ogni tipo di angolazione possibile.

Irmi vede la nostra sospresa e ci spiega che Inge ha partorito la notte stessa.

Il parto era previsto per qualche giorno più avanti, ma il bambino ha voluto nascere prima.

Tutto è andato bene e non hanno neppure avuto bisogno dell'ambulanza.

Anche questa cosa, come tutte le altre nella comune, è stata fatta insieme.

Irmi è incantata mentre racconta tutti i dettagli del parto e ci invita a guardare attentamente le foto, ma io mi sento un po’ male e con una scusa vado verso il bagno...ah , già, dimenticavo che il bagno non ha la porta...



Luciana Figini




P.S. Non capisco perchè mi sia venuta fuori questa spaziatura assurda, ma non riesco in nessun modo a cambiarla.
Ancora una volta mi sento sconfitta dalla tecnologia...

venerdì 12 settembre 2014

Il grande Silenziatore


E' giovedì pomeriggio e sto aspettando la metropolitana alla fermata Duomo.
C'è un incontro molto interessante al British Council: io ed una mia collega siamo d'accordo di trovarci lì.
Sono seduta vicino ad un ragazzo che ha lo sguardo fisso sul suo smartphone.
A volte sorride, altre volte ha l'aria un pò più cupa, ma per la maggior parte del tempo non ha proprio nessun tipo di espressione.
Mi cade l'occhio sulle altre persone in attesa.
Comincio a contare: 1,2,3,4,5,6,7,8 persone che squadrano il loro smartphone con aria instupidita.
Osservo i pochi che non stanno incollati al telefono: ...sono proprio pochi...
Qualcuno segue le news e le pubblicità sul monitor che c'è ormai in tutte le fermate della metropolitana milanese, pochi leggono, ancora meno persone chiacchierano tra di loro.
Faccio un rapido calcolo: a grandi linee una persona su tre è completamente assorbita dal suo smartphone.

Io non ho uno smartphone e credo che non me lo comprerò mai, ma ciò non significa che io viva "disconnessa".
Scrivo sul mio blog, leggo le news, uso le emails, cerco materiale e video su Internet, ascolto musica...
Poi, quando ho finito le mie ricerche, SPENGO IL COMPUTER.

Dello smartphone mi fa paura la dipendenza, il fatto di avere sempre a portata di mano qualsiasi cosa tu voglia o tu cerchi.
Mi fa paura l'invadenza spietata di questo aggeggio, che per molte persone (sempre di più!) sta diventando una parte del corpo, un'estensione della mano, un tamagochi del terzo millennio.

Mi spiace, dite quello che volete, ma io non ci sto.
Quando ho bisogno di informazioni o semplicemente voglio un pò "cazzeggiare" non esito certo ad accendere il computer, ma l'idea di dipendere da un affare sempre acceso e sempre petulante non mi va davvero.
Forse un giorno dovrò rimangiarmi tutto; forse un giorno esisteranno solo gli iphone e dovrò capitolare, ma finchè ce la faccio resisto ad oltranza.
Quelle facce vuote ed inespressive viste ieri mi fanno un pò paura e per il momento non ho nessuna intenzione di far parte di quella "tribu'".



-Guarda cara! Ho appena comprato un nuovo iphone!-
 - Che coincidenza! Ho appena trovato un nuovo ragazzo!-
...................................-Hai detto qualcosa?-


Altri miei post sullo stesso tema o tematiche similari:

- La Privacy è ancora un Valore? - 26 Maggio 2012
- Il Sonno della Ragione? - 8 Febbraio 2014
- La Ponografia nello Zaino di Scuola- 23 Marzo 2014

sabato 6 settembre 2014

Un solenne Giuramento


Altri, poichè non hai mantenuto
il tuo solenne giuramento, sono stati i miei amici;
Eppure 
ogni volta che guardo in faccia la morte,
O salgo fino alle vette del sonno,
O quando sono più eccitato dal vino,

Di colpo incontro il tuo viso.

- William Butler Yeats -






martedì 2 settembre 2014

Formidable!

Cosa mi piace di più di Stromae?
Il fatto che sia se stesso e che non imiti nessun altro.
Mi piace la sua faccia, così diversa da quelle che sono ritenute "cool": non è un personaggio costruito come Justin Bieber o Justin Timberlake, non è il "figo" di turno, non fa niente per rendersi più bello, più accettabile, più omologabile.
E poi è, senza ombra di dubbio, bravissimo.
La sua musica, pur attingendo a piene mani al mondo della musica che oggi viene ascoltata dai giovani, è originale e piacevole, i suoi testi, pur non essendo profondissimi, fanno riflettere, i suoi video sono strepitosi ed originalissimi.
E poi finalmente qualcuno che ha successo e non canta in inglese!
Lo so, lo so, insegno inglese, dovrei avere una venerazione per la lingua di Shakespeare e Dickens ed in effetti un pò ce l'ho, ma non sopporto più questo mondo che parla solo inglese!

Volete farvi un'idea del personaggio e divertirvi un pò?
Guardate questo video e capirete la sua personalità, assolutamente non convenzionale, divertente e  originalissima.



Molti di noi l'hanno visto e ascoltato per la prima volta allo scorso Festival di Sanremo, dove si è esisibito nel suo famosissimo pezzo "Formidable".
Nel video di questa canzone Stromae si trova in pieno centro a Bruxelles e  si finge ubriaco fradicio; è interessante vedere le reazioni della gente, che ovviamente lo conosce e si stupisce di questo suo stato.
La canzone parla di solitudine e tristezza; forse fingersi ubriaco serviva a sottolineare questo stato d'animo o far capire alla gente che anche un cantante famoso in fondo è come tutti gli altri, con le sue depressioni e le sue dipendenze.




Stromae, pseudonimo di Paul Van Haver, è un cantante belga originario del Ruanda da parte di padre .
La sua produzione musicale è caratterizzata da uno stile che accosta l'hip hop ed il soul alla musica elettronica.
Nella vita di Stromae c'è un grande buco nero ed è la mancanza del padre,ucciso nel 1994 durante il genocidio in Ruanda.
Ecco come ne parla:

Ho visto solo una dozzina di volte mio padre, praticamente non l’ho mai conosciuto. Ci ha lasciati quando ero piccolo ed è morto nel genocidio ruandese. Mia madre è una donna molto coraggiosa: ha cresciuto da sola cinque figli”.

Probabilmente è proprio questa esperienza personale che lo ha influenzato nel video "Papaoutai" :
Nel video viene mostrato un bambino che cerca di interagire con il padre (interpretato da Stromae) che siede su una poltrona con un'espressione che ricorda quella di un manichino, mentre gli altri bambini danzano insieme ai propri padri.
Nel finale il bambino si siede a fianco del padre assumendo la stessa rigida posizione.
Come detto sopra , può darsi che il cantante si riferisca alla propria personale esperienza, ma può anche darsi che voglia riferirsi alle difficoltà di relazione tra i padri ed i figli in generale.
Il video ha ricevuto oltre 180 milioni di visualizzazioni!



sabato 30 agosto 2014

La Traversata dell'Oasi


Ibernati, incoscienti, inesistenti
proveniamo da infiniti deserti.

Fra poco altri infiniti ci apriranno
ali voraci per l’eternità.

Ma qui ora c’è l’oasi, 
catena di delizie e tormenti. 
Le stagioni colorate ci avvolgono,
le mani amate ci accarezzano.

Un punto infinitesimo nel vortice
che cieco ci avviluppa. 
C’è la musica
(altrove sconosciuta)
c’è il miracolo
della rosa che sboccia 

e c’è il mio cuore. 

- Maria Luisa Spaziani - 




 

giovedì 28 agosto 2014

Isole Britanniche


Davanti alle scogliere d'Irlanda
ho spesso percepito
l'alito dell'infinito

Sugli scogli crudeli di Scozia
sbatte perenne
un'onda di rabbia
e nel cielo invernale
si sente a tratti l'eco lontano
di un dio semiumano
che sparì dopo averci donato
la potenza di un tramonto infuocato
che si specchia al calar della sera
dentro i flutti di un'altra bufera
il cui vento ti alza le mani
e ti fa volare con i gabbiani

- Luciana Figini ( 31/10/2009 )



Sì, viaggiare!

La scorsa settimana siamo arrivati in Stazione Centrale a Milano, dopo un confortevolissimo viaggio Roma-Milano in business class.
Al sabato paghi un biglietto e ne prendi due, così abbiamo approfittato dell'offerta.
La Stazione di Milano oggi è moderna e attrezzata, pulita e piena di negozi ( un pò troppi negozi! ).
Il contrasto tra la sua struttura di origine fascista ed il suo interno modernissimo è davvero stupendo: penso che la ristrutturazione di questo edificio sia una delle cose più riuscite di Milano.
Ricordo che un nostro amico straniero, arrivato in Italia in treno, era rimasto colpito dalla bellezza di questo contrasto.



Inevitabile, per quelli della mia età, ripensare a com'era la Stazione Centrale una volta e fare dei confronti.
Per me questo luogo ha sempre avuto un significato simbolico: i miei primi viaggi con lo zaino sulle spalle o con un valigione senza rotelle li ho fatti, da sola o in compagnia, partendo da questa stazione.
All'epoca viaggiare significava proprio questo; bagagli pesanti, treni sempre in ritardo, Milano-Roma in dieci ore, una notte intera per arrivare in sud Italia o in Germania, vagoni sovraffollati e puzzolenti e lei, la Stazione Centrale,che scrivo in maiuscolo quasi per reverenza, sporca, disorganizzata e non proprio un posticino raccomandabile, vista l'alta percentuale di senzatetto, ladruncoli, tossici e varie altre razze umane.



Ricordi si affollano alla mente, uno dopo l'altro.
La parola " libertà " aveva senso quando arrivavo qui, qualunque fosse la mia meta.
Il viaggio, quello vero, con tutti i suoi momenti positivi e negativi, iniziava proprio alla "Centrale".
Un aneddoto:

- Agosto 1976:
Zaino acquistato alla fiera di Senigallia, meta Trebisacce, in Calabria.
Ci incontriamo alla Stazione Centrale: siamo tutti esaltati e non vediamo l'ora di partire.
Molti di noi hanno appena fatto la maturità e questo è il primo viaggio in compagnia degli amici.
Ci posizioniamo sul binario dove arriverà il treno per il sud, dopo avere fatto una coda infinita alla biglietteria ( altro che " booking on line " ! ).
Siamo davvero fuori di noi dalla contentezza: c'è un amico che ha portato la chitarra.
Senza problemi ci sediamo per terra e cominciamo a cantare insieme le solite canzoni di Guccini e degli Intillimani. A me piacerebbe ogni tanto anche una canzone un  pò più pop, che so Stevie Wonder o Jackson 5, ma il chitarrista ha un repertorio piuttosto limitato - al massimo si può chiedere Claudio Lolli o Ivan della Mea ( sai che sballo! ).
Ad un certo punto vediamo arrivare di corsa una marea di gente, con borse e valigie di tutti i tipi, che si precipita verso il treno in arrivo: non capiamo e continuiamo a strimpellare "La Locomotiva".
Strano, siamo rimasti soli sul binario; va beh, il treno sta arrivando.
Immaginatevi le nostre facce, quando scopriamo che la massa di persone di prima ha preso d'assalto il treno ben prima che si fermasse ( allora gli sportelli si aprivano a mano ) ed ha occupato già tutte le carrozze!
Mentre c'è un gran vociare in tutti i dialetti meridionali possibili e gente letteralmente lancia valigie e bambini attraverso i finestrini del treno, noi rimaniamo paralizzati a terra, senza sapere che fare.
Era un treno per il sud, quindi era stato preso d'assalto dagli immigrati meridionali che tornavano a casa per le vacanze.
Risultato: un viaggio di quasi 13 ore per la Calabria ammassati nel corridoio, tra zaini e sacchi e pelo, con appena lo spazio sufficiente per respirare.
Disperati? Affranti? Per niente; solo divertiti dalla nostra stupidità e morti di risate alla vista del nostro chitarrista, costretto a viaggiare con la chitarra ritta davanti agli occhi e senza la possibilità di muoversi.
Ad ogni fermata del treno venditori abusivi di panini e acqua spuntavano da tutte le parti e davanti ai finestrini del treno iniziava un parapiglia infinito.
Un bel casino, ma proprio grazie a quei venditori abusivi non siamo morti di fame e di sete!
Un viaggio infinito, un viaggio scomodissimo; un viaggio bellissimo!




Cos'altro ricordo della Stazione Centrale allora?
Una specie di chiosco centrale dove potevi comprare di tutto, dai giornali alle bibite, dai panini alle caramelle.
Tanti sbandati e tanti venditori abusivi, i cessi sempre sporchi, l'affollamento inumano davanti alle biglietterie...e poi il Museo delle Cere!
Ve lo ricordate? Mentre si aspettava il treno si poteva entrare e vedere le statue di cera di Dante o di Totò.
Mi è molto spiaciuto quando lo hanno smantellato: non era certo Madam Tussauds, ma faceva la sua figura.
Volete sapere che fine hanno fatto le statue del Museo delle Cere della Stazione Centrale? Ecco cosa ho trovato in rete:

http://www.02blog.it/post/7615/dove-sono-finite-le-statue-del-museo-delle-cere-di-stazione-centrale




A partire dagli anni settanta e senza mai smettere ho preso spesso dei treni in partenza dalla stazione Centrale, passando dai "rapidi" agli Intercity, dalle "cuccette" ai Wagon Lits, fino ad arrivare ai comodissimi treni veloci odierni.
Non so per quale ragione, ma l'idea di viaggio, quello vero, per me è sempre stata collegata al treno, più che all'aereo o all'auto.
Con l'aereo parti da un luogo e arrivi ad un altro, senza vedere nulla di quello che ci sta "in mezzo"
Con l'auto fai più o meno lo stesso, in modo più lento: non conosci altre persone al di fuori di quelle che viaggiano con te.
In treno hai la vera sensazione del viaggio, gente nuova ad ogni fermata, qualche chiacchierata con persone sconosciute, il paesaggio che scorre davanti a te e che puoi ammirare senza l'assillo della guida.
Ricordo quando andavo a trovare i miei genitori, che svernavano in Liguria.
Ogni viaggio era un incontro, uno scambio di idee, un paesaggio visto dal finestrino e lei , la Stazione Centrale, sempre lì ad accogliermi, all'andata e al ritorno, col suo odore di macchine, panini e gente sudata, una specie di seconda casa, una specie di monumento al viaggio e alla vita, che è anche lei un viaggio...